dalla Lettera 148
☩
La nostra religione non tiene conto
delle persone e non guarda qual è la condizione degli uomini ma il
loro animo; uno lo classifica, o schiavo o nobile, in base ai suoi
costumi. In Dio esiste un unico concetto di libertà: il non essere
schiavi dei peccati; e, sempre secondo lui, la nobiltà più alta è
costituita dall'eccellenza delle virtù. Davanti a Dio c'è forse un
uomo più nobile di Pietro? E tra le donne chi è più ragguardevole
della beata Maria che pure ci viene presentata come sposa d'un
artigiano? Eppure a quel povero pescatore Cristo affidò le chiavi
del regno dei cieli, e quella sposa d'un artigiano meritò di essere
la Madre di colui che diede in mano a Pietro quelle stesse chiavi. In
verità Dio ha scelto le cose più comuni e meno apprezzabili di
questo mondo per portare all'umiltà i potenti e i nobili. D'altra
parte, è perfettamente inutile che uno si faccia un vanto della
nobiltà della propria famiglia, dal momento che tutti quelli che
sono stati redenti dal medesimo sangue di Cristo hanno, davanti a
Dio, pari onore e identico prezzo. E non conta la condizione in cui
si è nati quando tutti rinasciamo eguali in Cristo. Ora, se anche
possiamo dimenticare che discendiamo tutti per generazione da un
unico uomo, dobbiamo per lo meno ricordarci sempre che chi ci
rigenera tutti è Uno solo.
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