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giovedì 23 gennaio 2020

Sant'Ildefonso di Toledo - La Dottrina Mariana


dal libro di Luigi Gambero, Maria nel pensiero dei teologi latini medievali, San Paolo, Cinisello Balsamo 2000, pp.19-25

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1. Ildefonso di Toledo

La cristianità spagnola del VII secolo, nonostante le dure prove che dovette subire a causa dell'invasione musulmana, conobbe momenti di particolare affermazione e un confortante incremento della fede nei suoi membri. Nell'orizzonte storico di quel periodo si lasciano facilmente individuare alcuni risultati positivi di notevole portata. Ci riferiamo in particolare alla vittoria contro le minacce dell'arianesimo, che era stato precedentemente portato in Spagna dai vandali e che i visigoti, dopo la loro conversione alla religione cristiana ortodossa, riuscirono a bandire dal regno che essi fondarono in terra spagnola. Si possono inoltre registrare stimoli efficaci sul piano pastorale e missionario, impressi soprattutto dai concili regionali celebrati nella città di Toledo e che per lungo tempo ebbero una frequenza quasi annuale. Si deve inoltre prendere atto di una dinamica e influente attività teologica ad opera di prestigiose personalità della Chiesa, come i fratelli Leandro e Isidoro di Siviglia e Ildefonso di Toledo. Per quanto concerne la dottrina mariana, quest'ultimo ne è indubbiamente il più rilevante testimone e il maestro che ha recato il contributo più ricco e importante.
Nato a Toledo verso il 617, Ildefonso si fece monaco benedettino e divenne abate del monastero di Agalia, situato nelle vicinanze della sua città. Nel 657 fu nominato vescovo metropolita di Toledo e ivi morì nel 667. La sua riflessione teologica si snoda nell'alveo della grande tradizione dei Padri della Chiesa latina, specialmente di Girolamo, Agostino e Gregorio Magno. Tra le opere da lui scritte, appare di notevole interesse per la dottrina mariana un trattato sulla verginità di Maria: Libellus de virginitate perpetua sanctae Mariae contra tres infideles. Il trattato esercitò un influsso enorme su tutta la successiva letteratura mariana in terra spagnola e valse a Ildefonso l'appellativo di "cappellano della Vergine", attribuitogli molti secoli dopo dal grande poeta e drammaturgo spagnolo Lope de Vega, che su di lui compose una commedia che porta precisamente questo titolo. Dei tre infedeli contro i quali Ildefonso indirizza le sue confutazioni, due erano gli eretici Gioviniano ed Elvidio, vissuti nel IV secolo e già bersaglio delle energiche e impietose contestazioni di san Girolamo. Il terzo viene identificato con un anonimo giudeo, nel quale Ildefonso vede la personificazione della folta colonia ebraica presente nella Spagna di quel tempo. Allora, infatti, gli ebrei continuavano ad osteggiare e a dileggiare le verità della fede cristiana, prendendo di mira in modo più diretto il dogma della verginità della Madre del Signore. È specialmente contro di loro che Ildefonso rivolge la sua polemica, in un impegno di appassionata difesa del dogma mariano.1
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