E se ne andranno questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita
eterna.
Origene: Osserva che avendo detto prima (v. 34): «Venite,
benedetti», e poi (v. 41): «Andate via, maledetti», poiché è proprio del buon
Dio ricordare prima le opere buone dei giusti e poi le opere cattive degli
ingiusti, qui prima nomina la pena dei cattivi, e poi la vita dei buoni,
affinché prima evitiamo i mali, oggetto di timore, e poi desideriamo i beni,
fonte di onore.
Gregorio: Dicono: questa minaccia è fatta ai peccatori per
distoglierli del peccato; ad essi rispondiamo: se ha minacciato delle cose
false per correggere l'ingiustizia, allora ha anche promesso delle cose false,
per invitare alla giustizia; e così, mentre cercano di mostrare Dio
misericordioso, non temono di predicarlo fallace. Ma, dicono, una colpa che ha
fine non deve essere punita senza fine: a questi rispondiamo che direbbero una
cosa giusta se il giudice giusto valutasse i fatti e non i cuori degli uomini.
Appartiene dunque alla giustizia del giudice severo che mai manchino di
supplizio quelli il cui spirito non volle mai essere privo del peccato in
questa vita.
Agostino: Nessuna legge giusta esige che sia uguale la
durata del tempo della pena e della colpa. Nessuno infatti sostenne mai che la
pena dell’omicida o dell'adultero debba durare tanto poco quando durano queste
deviazioni. Quando poi per qualche grande crimine qualcuno è condannato a
morte, forse che le leggi prendono in considerazione la durata del supplizio, e
non la necessità di togliere per sempre il colpevole della società dei vivi? Le
frustate, il disonore, l'esilio, la schiavitù, che frequentemente vengono
imposti senza remissione alcuna, non assomigliano in questa vita alla forma delle
pene eterne? E non possono essere eterne poiché anche la stessa vita durante la
quale si impongono non è eterna. Ma dicono: come dunque può essere vero ciò che
dice Cristo (7, 2): <<Nella stessa misura in cui misurate, sarà misurato
a voi>>, se il peccato temporale è castigato con una pena eterna? Però
non si considera che la misura della pena non viene considerata secondo la
durata del tempo, ma secondo la reciprocità del male, cioè nel senso che colui
che compì il male patisce il male; così va intesa l'uguaglianza della misura.
L'uomo poi si è reso di un male eterno poiché ha distrutto in sé un bene che
poteva essere eterno.
Gregorio: Ma dicono: nessun giusto si compiace della
crudeltà, e il servo che ha mancato viene castigato dal padrone giusto perché
sia corretto dal suo errore. Ora, gli iniqui consegnati al fuoco della geenna,
per quale fine bruceranno sempre? A costoro rispondiamo che Dio onnipotente,
perché è pio, non si compiace del tormento dei miseri; ma dato che è giusto,
non si soddisfa nella vendetta contro gli iniqui; e ciò servirà perché i giusti
riconoscano quanto sono debitori verso la grazia divina, con il cui aiuto
poterono evitare gli eterni mali che vedono.
Gregorio: Però dicono: Come possono essere santi quelli che
non pagheranno per i loro nemici quando li vedranno ardere? Pregano in verità
per i loro nemici durante il tempo in cui possono ridurli a una fruttuosa
penitenza e a convertire i loro cuori; ma come pagheranno per quelli che ormai
in nessuna maniera possono convertirsi dall'iniquità?
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