dalle Omelie sul Vangelo - Vocazione (1)
Poco più avanti vide Giacomo di
Zebedeo e suo fratello Giovanni che se ne stavano sulla barca a
riparare le reti. Subito li chiamò, ed essi, lasciato il padre
Zebedeo con gli aiutanti sulla barca, lo seguirono. Qualcuno potrebbe
dire:Ma è una fede pazzesca questa. Avevano assistito a qualche
fatto straordinario? Quale maestosità avevano visto in lui da
seguirlo subito appena chiamati? Qui, sicuramente, ci viene dato da
capire che anche gli occhi di Gesù e il suo volto spiravano un
alcunché di divino, tale da convertire facilmente chi buttava lo
sguardo su di lui. Non si spiega altrimenti perché l’abbiano
seguito solo perché Gesù ha detto loro «seguitemi».La realtà è
questa, che se l’avessero seguito senza una ragione plausibile, più
che di fede bisognerebbe parlare di temerarietà. Facciamo il caso
che io me ne stia tranquillamente seduto, e un passante qualunque mi
dica: vieni e seguimi, e io gli vado dietro, si può forse parlare di
fede?Cosa voglio dire, insomma? Che la parola del Signore è di per
se stessa operativa: qualunque cosa dicesse, si effettuava. Se è
vero infatti che «ciò che lui ha detto si è subito realizzato, gli
è bastato comandare per creare» (Sal 148, 5): qui è sicuramente
successa la stessa cosa: lui li ha chiamati, e di conseguenza essi
l’hanno seguito.
dalla Lettera 118 - Vocazione
(2)
Non vorrei che al Signore offrissi solo le cose che un ladro può rubarti, che un nemico ti può saccheggiare o che puoi perdere con un esilio. Queste cose vanno e vengono; sono come delle ondate, come dei flutti: se ne impossessano successivamente padroni sempre diversi. Insomma - per esprimermi con una sola frase comprensiva di tutto - sono cose, quelle, che, voglia o non voglia, quando muori te le lasci dietro. Offrigli invece ciò che nessun nemico ti può portar via e che nessun tiranno ti può strappare, ciò che potrà seguirti agl’inferi o piuttosto nel regno dei cieli, nella gioia del paradiso.
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