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Venerabili Fratelli, salute e Apostolica Benedizione.
Forse
in passato non è mai accaduto che il cuore delle creature umane fosse
preso come oggi da un così vivo desiderio di fraternità — nel nome della
stessa origine e della stessa natura — al fine di rafforzare ed
allargare i rapporti nell’interesse della società umana. Infatti,
quantunque le nazioni non godano ancora pienamente i doni della pace, ed
anzi in talune località vecchi e nuovi rancori esplodano in sedizioni e
lotte civili, né d’altra parte è possibile dirimere le numerosissime
controversie che riguardano la tranquillità e la prosperità dei popoli,
ove non intervengano l’azione e l’opera concorde di coloro che governano
gli Stati e ne reggono e promuovono gli interessi, facilmente si
comprende — tanto più che convengono ormai tutti intorno all’unità del
genere umano — come siano molti coloro che bramano vedere sempre più
unite tra di loro le varie nazioni, a ciò portate da questa fratellanza
universale.
Un obiettivo non dissimile cercano
di ottenere alcuni per quanto riguarda l’ordinamento della Nuova Legge,
promulgata da Cristo Signore. Persuasi che rarissimamente si trovano
uomini privi di qualsiasi sentimento religioso, sembrano trarne motivo a
sperare che i popoli, per quanto dissenzienti gli uni dagli altri in
materia di religione, pure siano per convenire senza difficoltà nella
professione di alcune dottrine, come su un comune fondamento di vita
spirituale. Perciò sono soliti indire congressi, riunioni, conferenze,
con largo intervento di pubblico, ai quali sono invitati promiscuamente
tutti a discutere: infedeli di ogni gradazione, cristiani, e persino
coloro che miseramente apostatarono da Cristo o che con ostinata
pertinacia negano la divinità della sua Persona e della sua missione.
Non possono certo ottenere l’approvazione dei cattolici tali tentativi
fondati sulla falsa teoria che suppone buone e lodevoli tutte le
religioni, in quanto tutte, sebbene in maniera diversa, manifestano e
significano egualmente quel sentimento a tutti congenito per il quale ci
sentiamo portati a Dio e all’ossequente riconoscimento del suo dominio.
Orbene, i seguaci di siffatta teoria, non soltanto sono nell’inganno e
nell’errore, ma ripudiano la vera religione depravandone il concetto e
svoltano passo passo verso il naturalismo e l’ateismo; donde chiaramente
consegue che quanti aderiscono ai fautori di tali teorie e tentativi si
allontanano del tutto dalla religione rivelata da Dio.
Ma
dove, sotto l’apparenza di bene, si cela più facilmente l’inganno, è
quando si tratta di promuovere l’unità fra tutti i cristiani. Non è
forse giusto — si va ripetendo — anzi non è forse conforme al dovere che
quanti invocano il nome di Cristo si astengano dalle reciproche
recriminazioni e si stringano una buona volta con i vincoli della
vicendevole carità? E chi oserebbe dire che ama Cristo se non si adopera
con tutte le forze ad eseguire il desiderio di Lui, che pregò il Padre
perché i suoi discepoli « fossero una cosa sola »? [1].
E lo stesso Gesù Cristo non volle forse che i suoi discepoli si
contrassegnassero e si distinguessero dagli altri per questa nota
dell’amore vicendevole: « In ciò conosceranno tutti che siete miei discepoli se vi amerete l’un l’altro»? [2]. E volesse il Cielo, soggiungono, che tutti quanti i cristiani fossero « una cosa sola
»; sarebbero assai più forti nell’allontanare la peste dell’empietà, la
quale, serpeggiando e diffondendosi ogni giorno più, minaccia di
travolgere il Vangelo.
Questi ed altri simili
argomenti esaltano ed eccitano coloro che si chiamano pancristiani, i
quali, anziché restringersi in piccoli e rari gruppi, sono invece
cresciuti, per così dire, a schiere compatte, riunendosi in società
largamente diffuse, per lo più sotto la direzione di uomini acattolici,
pur fra di loro dissenzienti in materia di fede. E intanto si promuove
l’impresa con tale operosità, da conciliarsi qua e là numerose adesioni e
da cattivarsi perfino l’animo di molti cattolici con l’allettante
speranza di riuscire ad un’unione che sembra rispondere ai desideri di
Santa Madre Chiesa, alla quale certo nulla sta maggiormente a cuore che
il richiamo e il ritorno dei figli erranti al suo grembo. Ma sotto
queste insinuanti blandizie di parole si nasconde un errore assai grave
che varrebbe a scalzare totalmente i fondamenti della fede cattolica.
Pertanto,
poiché la coscienza del Nostro Apostolico ufficio ci impone di non
permettere che il gregge del Signore venga sedotto da dannose illusioni,
richiamiamo, Venerabili Fratelli, il vostro zelo contro così grave
pericolo, sicuri come siamo che per mezzo dei vostri scritti e della
vostra parola giungeranno più facilmente al popolo (e dal popolo saranno
meglio intesi) i princìpi e gli argomenti che siamo per esporre. Così i
cattolici sapranno come giudicare e regolarsi di fronte ad iniziative
intese a procurare in qualsivoglia maniera l’unione in un corpo solo di
quanti si dicono cristiani.
Dio, Fattore
dell’Universo, Ci creò perché lo conoscessimo e lo servissimo; ne segue
che Egli ha pieno diritto di essere da noi servito. Egli avrebbe bensì
potuto, per il governo dell’uomo, prescrivere soltanto la pura legge
naturale, da lui scolpitagli nel cuore nella stessa creazione, e con
ordinaria sua provvidenza regolare i progressi di questa medesima legge.
Invece preferì imporre dei precetti ai quali ubbidissimo e nel corso
dei secoli, ossia dalle origini del genere umano alla venuta e alla
predicazione di Gesù Cristo, Egli stesso volle insegnare all'uomo i
doveri che legano gli esseri ragionevoli al loro Creatore: « Iddio,
che molte volte e in diversi modi aveva parlato un tempo ai padri per
mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per
mezzo del figlio » [3].
Dal che consegue non potersi dare vera religione fuori di quella che si
fonda sulla parola rivelata da Dio, la quale rivelazione, cominciata da
principio e continuata nell’Antico Testamento, fu compiuta poi nel
Nuovo dallo stesso Gesù Cristo. Orbene, se Dio ha parlato, e che abbia
veramente parlato è storicamente certo, tutti comprendono che è dovere
dell’uomo credere assolutamente alla rivelazione di Dio e ubbidire in
tutto ai suoi comandi: e appunto perché rettamente l’una cosa e l’altra
noi adempissimo, per la gloria divina e la salvezza nostra, l’Unigenito
Figlio di Dio fondò sulla terra la sua Chiesa. Quanti perciò si
professano cristiani non possono non credere alla istituzione di una
Chiesa, e di una Chiesa sola, per opera di Cristo; ma se s’indaga quale
essa debba essere secondo la volontà del suo Fondatore, allora non tutti
sono consenzienti. Fra essi, infatti, un buon numero nega, per esempio,
che la Chiesa di Cristo debba essere visibile, almeno nel senso che
debba apparire come un solo corpo di fedeli, concordi in una sola e
identica dottrina, sotto un unico magistero e governo, intendendo per
Chiesa visibile nient’altro che una Confederazione formata dalle varie
comunità cristiane, benché aderiscano chi ad una chi ad altra dottrina,
anche se dottrine fra loro opposte. Invece Cristo nostro Signore fondò
la sua Chiesa come società perfetta, per sua natura esterna e sensibile,
affinché proseguisse nel tempo avvenire l’opera della salvezza del
genere umano, sotto la guida di un solo capo [4], con l’insegnamento a viva voce [5], con l'amministrazione dei sacramenti, fonti della grazia celeste [6]; perciò Egli la dichiarò simile ad un regno [7], a una casa [8], ad un ovile [9], ad un gregge [10].
Tale Chiesa così meravigliosamente costituita, morti il suo Fondatore e
gli Apostoli, che primi la propagarono, non poteva assolutamente
cessare ed estinguersi, poiché ad essa era stato affidato il compito di
condurre alla salvezza eterna tutti gli uomini, senza distinzione di
tempo e di luogo: « Andate adunque e insegnate a tutte le genti » [11].
Ora, nel continuo adempimento di questo ufficio, potranno forse venir
meno alla Chiesa il valore e l’efficacia, se è continuamente assistita
dallo stesso Cristo, secondo la solenne promessa: « Ecco, io sono con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo »? [12].
Necessariamente,
quindi, non solo la Chiesa di Cristo deve sussistere oggi e in ogni
tempo, ma anzi deve sussistere quale fu al tempo apostolico, se non
vogliamo dire — il che è assurdo — che Cristo Signore o sia venuto meno
al suo intento, o abbia errato quando affermò che le porte dell’inferno
non sarebbero mai prevalse contro la Chiesa [13].
E
qui si presenta l’opportunità di chiarire e confutare una falsa
opinione, da cui sembra dipenda tutta la presente questione e tragga
origine la molteplice azione degli acattolici, operante, come abbiamo
detto, alla riunione delle Chiese cristiane.
I fautori di questa iniziativa quasi non finiscono di citare le parole di Cristo: « Che tutti siano una cosa sola… Si farà un solo ovile e un solo pastore » [14],
nel senso però che quelle parole esprimano un desiderio e una preghiera
di Gesù Cristo ancora inappagati. Essi sostengono infatti che l’unità
della fede e del governo — nota distintiva della vera e unica Chiesa di
Cristo — non sia quasi mai esistita prima d’ora, e neppure oggi esista;
essa può essere sì desiderata e forse in futuro potrebbe anche essere
raggiunta mediante la buona volontà dei fedeli, ma rimarrebbe, intanto,
un puro ideale. Dicono inoltre che la Chiesa, per sé o di natura sua, è
divisa in parti, ossia consta di moltissime chiese o comunità
particolari, le quali, separate sinora, pur avendo comuni alcuni punti
di dottrina, differiscono tuttavia in altri; a ciascuna competono gli
stessi diritti; la Chiesa al più fu unica ed una dall’età apostolica
sino ai primi Concili Ecumenici. Quindi soggiungono che, messe
totalmente da parte le controversie e le vecchie differenze di opinioni
che sino ai giorni nostri tennero divisa la famiglia cristiana, con le
rimanenti dottrine si dovrebbe formare e proporre una norma comune di
fede, nella cui professione tutti si possano non solo riconoscere, ma
sentire fratelli; e che soltanto se unite da un patto universale, le
molte chiese o comunità saranno in grado di resistere validamente con
frutto ai progressi dell’incredulità.
Così,
Venerabili Fratelli, si va dicendo comunemente. Vi sono però taluni che
affermano e ammettono che troppo sconsigliatamente il Protestantesimo
rigettò alcuni punti di fede e qualche rito del culto esterno,
certamente accettabili ed utili, che la Chiesa Romana invece conserva.
Ma tosto soggiungono che questa stessa Chiesa corruppe l’antico
cristianesimo aggiungendo e proponendo a credere parecchie dottrine non
solo estranee, ma contrarie al Vangelo, tra le quali annoverano, come
principale, quella del Primato di giurisdizione, concesso a Pietro e ai
suoi successori nella Sede Romana. Tra costoro ci sono anche alcuni,
benché pochi in verità, i quali concedono al Romano Pontefice un primato
di onore o una certa giurisdizione e potestà, facendola però derivare
non dal diritto divino, ma in certo qual modo dal consenso dei fedeli;
altri giungono perfino a volere lo stesso Pontefice a capo di quelle
loro, diciamo così, variopinte riunioni. Che se è facile trovare molti
acattolici che predicano con belle parole la fraterna comunione in Gesù
Cristo, non se ne rinviene uno solo a cui cada in mente di sottomettersi
al governo del Vicario di Gesù Cristo o di ubbidire al suo magistero. E
intanto affermano di voler ben volentieri trattare con la Chiesa
Romana, ma con eguaglianza di diritti, cioè da pari a pari; e certamente
se potessero così trattare, lo farebbero con l’intento di giungere a
una convenzione la quale permettesse loro di conservare quelle opinioni
che li tengono finora vaganti ed erranti fuori dell’unico ovile di
Cristo.
A tali condizioni è chiaro che la Sede
Apostolica non può in nessun modo partecipare alle loro riunioni e che
in nessun modo i cattolici possono aderire o prestare aiuto a siffatti
tentativi; se ciò facessero, darebbero autorità ad una falsa religione
cristiana, assai lontana dall’unica Chiesa di Cristo. Ma potremo Noi
tollerare l’iniquissimo tentativo di vedere trascinata a patteggiamenti
la verità, la verità divinamente rivelata? Ché qui appunto si tratta di
difendere la verità rivelata. Gesù Cristo inviò per l’intero mondo gli
Apostoli a predicare il Vangelo a tutte le nazioni; e perché in nulla
avessero ad errare volle che anzitutto essi fossero ammaestrati in ogni
verità, dallo Spirito Santo [15];
forse che questa dottrina degli Apostoli venne del tutto a meno o si
offuscò talvolta nella Chiesa, diretta e custodita da Dio stesso? E se
il nostro Redentore apertamente disse che il suo Vangelo riguardava non
solo il periodo apostolico, ma anche le future età, poté forse l’oggetto
della fede, col trascorrere del tempo, divenire tanto oscuro e incerto
da doversi tollerare oggi opinioni fra loro contrarie? Se ciò fosse
vero, si dovrebbe parimenti dire che la discesa dello Spirito Santo
sugli Apostoli e la perpetua permanenza nella Chiesa dello stesso
Spirito e persino la predicazione di Gesù Cristo da molti secoli hanno
perduto ogni efficacia e utilità: affermare ciò sarebbe bestemmia.
Inoltre, l’Unigenito Figlio di Dio non solo comandò ai suoi inviati di
ammaestrare tutti i popoli, ma anche obbligò tutti gli uomini a prestar
fede alle verità che loro fossero annunziate « dai testimoni preordinati da Dio » [16], e al suo precetto aggiunse la sanzione « Chi crederà e sarà battezzato, sarà salvo; ma chi non crederà, sarà condannato » [17].
Ma
questo doppio comando di Cristo, da osservarsi necessariamente,
d’insegnare cioè e di credere per avere l’eterna salvezza, neppure si
potrebbe comprendere se la Chiesa non proponesse intera e chiara la
dottrina evangelica e non fosse immune da ogni pericolo di errore
nell’insegnarla. Perciò è lontano dal vero chi ammette sì l’esistenza in
terra di un deposito di verità, ma pensa poi che sia da cercarsi con
tanto faticoso lavoro, con tanto diuturno studio e dispute, che a mala
pena possa bastare la vita di un uomo per trovarlo e goderne; quasi che
il benignissimo Iddio avesse parlato per mezzo dei Profeti e del suo
Unigenito perché pochi soltanto, e già molto avanzati negli anni,
imparassero le verità rivelate, e non per imporre una dottrina morale
che dovesse reggere l’uomo in tutto il corso della sua vita.
Potrà sembrare che questi pancristiani,
tutti occupati nell’unire le chiese, tendano al fine nobilissimo di
fomentare la carità fra tutti i cristiani; ma come mai potrebbe la
carità riuscire in danno della fede? Nessuno certamente ignora che lo
stesso apostolo della carità, San Giovanni (il quale nel suo Vangelo
pare abbia svelato i segreti del Cuore sacratissimo di Gesù che sempre
soleva inculcare ai discepoli il nuovo comandamento: « Amatevi l’un l’altro »), ha vietato assolutamente di avere rapporti con coloro i quali non professano intera ed incorrotta la dottrina di Cristo: « Se qualcuno viene da voi e non porta questa dottrina, non ricevetelo in casa e non salutatelo nemmeno » [18].
Quindi, appoggiandosi la carità, come su fondamento, sulla fede integra
e sincera, è necessario che i discepoli di Cristo siano principalmente
uniti dal vincolo dell’unità della fede.
Come
dunque si potrebbe concepire una Confederazione cristiana, i cui membri,
anche quando si trattasse dell’oggetto della fede, potessero mantenere
ciascuno il proprio modo di pensare e giudicare, benché contrario alle
opinioni degli altri? E in che modo, di grazia, uomini che seguono
opinioni contrarie potrebbero far parte di una sola ed eguale
Confederazione di fedeli? Come, per esempio, chi afferma che la sacra
Tradizione è fonte genuina della divina Rivelazione e chi lo nega? Chi
tiene per divinamente costituita la gerarchia ecclesiastica, formata di
vescovi, sacerdoti e ministri, e chi asserisce che è stata a poco a poco
introdotta dalla condizione dei tempi e delle cose? Chi adora Cristo
realmente presente nella santissima Eucaristia per quella mirabile
conversione del pane e del vino, che viene detta transustanziazione, e
chi afferma che il Corpo di Cristo è ivi presente solo per la fede o per
il segno e la virtù del Sacramento? Chi riconosce nella stessa
Eucaristia la natura di sacrificio e di Sacramento, e chi sostiene che è
soltanto una memoria o commemorazione della Cena del Signore? Chi Stima
buona e utile la supplice invocazione dei Santi che regnano con Cristo,
soprattutto della Vergine Madre di Dio, e la venerazione delle loro
immagini, e chi pretende che tale culto sia illecito, perché contrario
all’onore « dell’unico mediatore di Dio e degli uomini » [19],
Gesù Cristo? Da così grande diversità d’opinioni non sappiamo come si
prepari la via per formare l’unità della Chiesa, mentre questa non può
sorgere che da un solo magistero, da una sola legge del credere e da una
sola fede nei cristiani; sappiamo invece benissimo che da quella
diversità è facile il passo alla noncuranza della religione, cioè
all’indifferentismo e al cosiddetto modernismo, il quale fa ritenere, da
chi ne è miseramente infetto, che la verità dogmatica non è assoluta,
ma relativa, cioè proporzionata alle diverse necessità dei tempi e dei
luoghi e alle varie tendenze degli spiriti, non essendo essa basata
sulla rivelazione immutabile, ma sull’adattabilità della vita. Inoltre
in materia di fede, non è lecito ricorrere a quella differenza che si
volle introdurre tra articoli fondamentali e non fondamentali, quasi che
i primi si debbano da tutti ammettere e i secondi invece siano lasciati
liberi all’accettazione dei fedeli. La virtù soprannaturale della fede,
avendo per causa formale l’autorità di Dio rivelante, non permette tale
distinzione. Sicché tutti i cristiani prestano, per esempio, al dogma
della Immacolata Concezione la stessa fede che al mistero dell’Augusta
Trinità, e credono all’Incarnazione del Verbo non altrimenti che al
magistero infallibile del Romano Pontefice, nel senso, naturalmente,
determinato dal Concilio Ecumenico Vaticano. Né per essere state queste
verità con solenne decreto della Chiesa definitivamente determinate,
quali in un tempo quali in un altro, anche se a noi vicino, sono perciò
meno certe e meno credibili? Non le ha tutte rivelate Iddio? Il
magistero della Chiesa — che per divina Provvidenza fu stabilito nel
mondo affinché le verità rivelate si conservassero sempre incolumi, e
facilmente e con sicurezza giungessero a conoscenza degli uomini, —
benché quotidianamente si eserciti dal Romano Pontefice e dai Vescovi in
comunione con lui, ha però l’ufficio di procedere opportunamente alla
definizione di qualche punto con riti e decreti solenni, se accada di
doversi opporre più efficacemente agli errori e agli assalti degli
eretici, oppure d’imprimere nelle menti dei fedeli punti di sacra
dottrina più chiaramente e profondamente spiegati. Però con questo uso
straordinario del magistero non si introducono invenzioni né si aggiunge
alcunché di nuovo al complesso delle dottrine che, almeno
implicitamente, sono contenute nel deposito della Rivelazione
divinamente affidato alla Chiesa, ma si dichiarano i punti che a
parecchi forse ancora potrebbero sembrare oscuri, o si stabiliscono come
materia di fede verità che prima da taluno si reputavano controverse.
Pertanto,
Venerabili Fratelli, facilmente si comprende come questa Sede
Apostolica non abbia mai permesso ai suoi fedeli d’intervenire ai
congressi degli acattolici; infatti non si può altrimenti favorire
l’unità dei cristiani che procurando il ritorno dei dissidenti all’unica
vera Chiesa di Cristo, dalla quale essi un giorno infelicemente
s’allontanarono: a quella sola vera Chiesa di Cristo che a tutti
certamente è manifesta e che, per volontà del suo Fondatore, deve
restare sempre quale Egli stesso la istituì per la salvezza di tutti.
Poiché la mistica Sposa di Cristo nel corso dei secoli non fu mai
contaminata né giammai potrà contaminarsi, secondo le parole di
Cipriano: «Non può adulterarsi la Sposa di Cristo: è incorrotta e
pudica. Conosce una casa sola, custodisce con casto pudore la santità di
un solo talamo » [20]. Pertanto lo stesso santo Martire a buon diritto grandemente si meravigliava come qualcuno potesse credere « che
questa unità la quale procede dalla divina stabilità ed è saldata per
mezzo di sacramenti celesti, possa scindersi nella Chiesa e separarsi
per dissenso di volontà discordanti » [21]. Essendo il corpo mistico di Cristo, cioè la Chiesa [22] uno, ben connesso [23];
e solidamente collegato, come il suo corpo fisico, sarebbe grande
stoltezza dire che il corpo mistico possa essere il risultato di
componenti disgiunti e separati. Chiunque perciò non è con esso unito,
non è suo membro né comunica con il capo che è Cristo [24].
Orbene,
in quest’unica Chiesa di Cristo nessuno si trova, nessuno vi resta
senza riconoscere e accettare, con l’ubbidienza, la suprema autorità di
Pietro e dei suoi legittimi successori. E al Vescovo Romano, come a
Sommo Pastore delle anime, non ubbidirono forse gli antenati di coloro
che sono annebbiati dagli errori di Fozio e dei riformatori? Purtroppo i
figli abbandonarono la casa paterna, ma non per questo essa andò in
rovina, sostenuta come era dal continuo aiuto di Dio. Ritornino dunque
al Padre comune; e questi, dimenticando le ingiurie già scagliate contro
la Sede Apostolica, li riceverà con tutto l’affetto del cuore. Che se,
come dicono, desiderano unirsi con Noi e con i Nostri, perché non si
affrettano ad entrare nella Chiesa, « madre e maestra di tutti i seguaci di Cristo » [25]?
Ascoltino le affermazioni di Lattanzio: a « Soltanto…
la Chiesa cattolica conserva il culto vero. Essa è la fonte della
verità; questo è il domicilio della fede, questo il tempio di Dio; se
qualcuno non vi entrerà, o da esso uscirà, resterà lontano dalla
speranza della vita e della salvezza. E non conviene cercare d’ingannare
se stesso con dispute pertinaci. Qui si tratta della vita e della
salvezza: se a ciò non si provvede con diligente cautela, esse saranno
perdute e si estingueranno » [26].
Dunque
alla Sede Apostolica, collocata in questa città che i Prìncipi degli
Apostoli Pietro e Paolo consacrarono con il loro sangue; alla Sede « radice e matrice della Chiesa cattolica » [27], ritornino i figli dissidenti, non già con l’idea e la speranza che la « Chiesa del Dio vivo, colonna e sostegno della verità » [28] faccia getto dell’integrità della fede e tolleri i loro errori, ma per sottomettersi al magistero e al governo di lei.
Volesse
il cielo che toccasse a Noi quanto sinora non toccò ai nostri
predecessori, di poter abbracciare con animo di padre i figli che
piangiamo separati da Noi per funesta divisione; oh! se il nostro divin
Salvatore « il quale vuole che tutti gli uomini si salvino e giungano alla conoscenza della verità » [29],
ascoltando le Nostre ardenti preghiere si degnasse richiamare all’unità
della Chiesa tutti gli erranti! Per tale obiettivo, senza dubbio
importantissimo, disponiamo e vogliamo che si invochi l’intercessione
della Beata Vergine Maria, Madre della divina grazia, debellatrice di
tutte le eresie, aiuto dei Cristiani, affinché quanto prima ottenga il
sorgere di quel desideratissimo giorno, quando gli uomini udiranno la
voce del Suo divin Figlio « conservando l’unità dello Spirito nel vincolo della pace » [30].
Voi
ben comprendete, Venerabili Fratelli, quanto desideriamo questo
ritorno; e bramiamo che ciò sappiano tutti i figli Nostri, non soltanto i
cattolici, ma anche i dissidenti da Noi: i quali, se imploreranno con
umile preghiera i lumi celesti, senza dubbio riconosceranno la vera
Chiesa di Cristo e in essa finalmente entreranno, uniti con Noi in
perfetta carità. Nell’attesa di tale avvenimento, auspice dei divini
favori e testimone della paterna nostra benevolenza, a Voi, Venerabili
Fratelli, al clero e al popolo vostro impartiamo di tutto cuore
l’Apostolica Benedizione.
Dato a Roma, presso San Pietro, il 6 gennaio, festa della Epifania di N.S. Gesù Cristo, l’anno 1928, sesto del Nostro Pontificato.
PIUS PP.XI
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