Ripercorrere le vicende che si celano dietro agli oggetti è sempre molto avvincente. Questi oggetti che vengono dal passato hanno delle storie a volte molto affascinanti, storie che ci parlano di amore e morte, di rivoluzioni e di momenti di gioia, ci raccontano da dove veniamo e verso dove siamo proiettati; pure gli oggetti “religiosi” o che vengono proposti alla devozione dei fedeli nascondono a volte delle storie avvincenti.
È il caso per esempio della reliquia del braccio di San Tommaso che
si venera nella Basilica di Santa Maria Sopra Minerva in Roma. Centinaia
di persone, ed in particolar modo gli studenti delle pontificie
università romane, durante tutta la giornata del 28 gennaio sono andati a
pregare davanti alla reliquia nella sua splendida cornice della
Cappella Carafa affrescata da Filippino Lippi.
Pochi conoscono le disavventure delle reliquie di San Tommaso: è una storia degna di Indiana Jones! Il
santo morì non dentro un convento domenicano ma nell’abbazia
benedettina di Fossanova ed ivi venne sepolto. I frati cercarono in
tutti i modi di riottenere le ossa del proprio confratello ed
addirittura con l’aiuto del conte di Fondi le fecero trafugare.
A seguito di tale atto il papa Urbano V decretò che le reliquie
andassero a Tolosa mentre il braccio destro fosse dato al convento di S.
Jacques a Parigi, luogo tanto amato da Tommaso, luogo dove egli studiò e
poi insegnò. Per secoli le reliquie di San Tommaso rimasero
indisturbate in un bel monumento nella bella chiesa domenicana di Tolosa
fino all’arrivo di un principe grande amante dell’ordine domenicano e
dei suoi santi: Ferdinando I duca di Parma-Piacenza e Guastalla
(1751-1802). Egli chiese ed ottenne dai papi la possibilità di avere per
la propria devozione personale sia la calotta cranica di San Domenico
(reliquia concessa mal volentieri dai frati di Bologna) sia
l’avanbraccio sinistro che era ben chiuso nel grande reliquiario di
Tolosa.
Ma un’altra storia si intreccia ora, la storia dell’ultimo priore del
convento parigino di S. Jacques. Siamo a Parigi, la rivoluzione
francese (1789-1799) ha cominciato la sua opera di distruzione delle
testimonianze della Fede. Questo frate priore un po’ all’Indiana Jones
scappa portando in salvo l’oggetto più prezioso del convento: il Braccio
destro di Tommaso. Lo manda al pio principe affinché lo porti in salvo a
Roma, ma qui avviene un qui pro quo: il duca pensa sia un dono e lo fa
racchiudere entro un reliquiario assieme all’altra reliquia di Tommaso.
Il duca muore, la sua grandissima raccolta di reliquie passa in eredità
alla figlia Carlotta che divenendo monaca domenicana le porta in dote al
monastero dei Ss. Domenico e Sisto (l’antico monastero romano fondato
da San Domenico). Sembrava che le due reliquie potessero “riposare” dopo
tutte queste peripezie ma così non fu. In occasione, infatti, del sesto
centenario della morte di San Tommaso, nel 1874, il beato Pio IX,
decise di fare un dono ad una delle chiese alla quale era maggiormente
affezionato: Santa Maria Sopra Minerva. Il 1874 fu un anno importante:
erano passati sei secoli dalla scomparsa del frate dottore ed i frati
della Minerva erano impegnatissimi per onorare tale anniversario, non
pensando che da lì a pochi mesi sarebbero stati cacciati via dal loro
convento a causa del neo-nato Regno d’Italia.
Pio IX era “prigioniero” in Vaticano e non poteva uscire per recarsi
alla Minerva per festeggiare, così, di sua propria iniziativa, chiede
che gli siano portate le reliquie, ed una volta esaminati tutti i
documenti, decide di donare l’avambraccio di sinistra (proveniente da
Tolosa) alla Minerva, facendolo incastonare nello splendido
“contenitore” in bronzo ed argento che si ammira ancora oggi. Queste
storie non sono solamente delle testimonianze di un passato che non c’è
più, non servono solamente per riempire i cataloghi ragionati o per il
diletto dei turisti che vengono a visitare le chiese-museo. Queste
storie sono espressione di un passato di fede e devozione che ci aiutano
a meglio interpretare il presente per proiettarci in un futuro ignoto.
Ma anche in questo ignoto abbiamo un’unica certezza: la presenza
dell’Amore di Dio, lo stesso amore che ha guidato e nutrito Tommaso per
tutta la sua vita, Amore di Dio che contempliamo pregando innanzi agli
“oggetti sacri”, ed uno di questi è proprio la reliquia di San Tommaso
della Minerva.
fr. Manuel Russo, O.P.
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