Da tutto ciò deriva che il celebrante deve aspirare
ad una unione sempre più intima ed attuale con Cristo, che in modo
attuale offre la messa in quanto la offre in modo perfettissimo con un
atto teandrico di infinito valore, con la sua eccelsa contemplazione,
con la sua carità ardentissima, e la sua perfettissima religione e
pietà.
Il celebrante partecipa così più
intimamente al supremo sacerdozio di Cristo... e inoltre vien portato a
pensare che Cristo è non solo sacerdote, ma altresì vittima, che una
volta soffrì ogni dolore, ed ora offre al Padre le sofferenze del suo
corpo mistico, ossia le nostre, perchè abbiano maggior valore per la
salvezza delle anime.
Certamente, se il
celebrante è un poco distratto nel momento della consacrazione, per dei
particolari del culto che possono talvolta venire a mancare, il Cristo
non è distratto: la sua anima nel Verbo vede e vuole questa
consacrazione, il suo valore, la sua efficacia, e la sua irradiazione
fino al purgatorio. Tutto questo Egli vede intuitivamente e vuole in
modo attuale.
Vedeva già tutto questo quando era
sulla terra, come giudice dei vivi e dei morti, secondo l'esposizione
che ne fa S. Tommaso[28], a più forte ragione perciò ora in cielo
conosce e vuole tutte queste cose e le vede per la visione beatifica che
non si misura con il tempo ma secondo l'eternità partecipata. Perciò
l'anima santissima di Cristo in questo presente sempre fisso
dell'eternità, vede e vuole ogni messa e la irradiazione di ciascuna
sulla terra, nelle missioni, in purgatorio, ed anche in cielo, perchè la
messa ci porta alla vita eterna e dà grande gloria a Dio.
Ed è necessario ripetere questo anche ai fedeli,
in modo che facciano maggiore attenzione al sacerdote principale, di
cui il celebrante è solo il ministro e non già il successore. Così
conosceranno meglio il valore infinito della messa, non solo per la
vittima che vi si offre, ma per colui che ne è il principale offerente. E
comprenderanno meglio che il sacrificio della messa e quello della
Croce sono identici per la sostanza (cioè la vittima e l'offerente
principale), sebbene differiscano per il modo della immolazione che una
volta fu cruenta, dolorosa, meritoria, ed ora è incruenta, sacramentale,
non più dolorosa nè meritoria, ma ci applica «ex opere operato» la
soddisfazione e i meriti della Passione, e produce nelle nostre anime
frutti ricchissimi, proporzionati alla disposizione nostra. Più volte i
santi assistendo al sacrificio della messa non videro più il celebrante,
ma lo stesso Cristo che offriva se stesso in modo attuale, per la
gloria del Padre e la salvezza delle anime. Da tutto questo appare
evidente che il sacerdozio di Cristo è tanto perfetto che non se ne può
immaginare uno più grande.
[28] III, q. 10, a. 2.
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