Si dice che la famiglia di Pascasio (Pascualez) proveniente da Valencia,
abbia donato alla Chiesa sci martiri, di cui Pietro fu l'ultimo. Fu
istruito da un sacerdote di Narbona che aveva conseguito un dottorato in
teologia a Parigi, che i genitori avevano riscattato quando era
prigioniero dei mori. Pietro si recò con il suo tutore a Parigi e anche
lui conseguì il dottorato, poi tornò a Valencia e ricevette gli ordini
sacerdotali all'età di ventiquattro anni. Insegnò teologia a Barcellona,
finché Giacomo I d'Aragona lo scelse come tutore per il figlio Sancho.
Successivamente fu nominato amministratore della diocesi di Toledo e poi
vescovo titolare di Jaén, anch'essa sotto il dominio dei mori.
In questo periodo, subito dopo il fallimento dell'ottava crociata, la
Terra Santa fu lasciata nelle mani dei musulmani, e i mori controllavano
la maggior parte della Spagna. Sfidando il pericolo, il vescovo Pietro
riscattò i prigionieri, istruì e confortò i cristiani, ne riconciliò
molti alla Chiesa e predicò anche ai mori. Fu arrestato durante una
visita, portato a Granada e imprigionato. Gli ordini erano che nessuno
gli parlasse. Ricevette del denaro per il suo riscatto, che però
utilizzò per liberare altri che secondo lui rischiavano di commettere
apostasia. A dispetto di questo isolamento, riuscì a scrivere un
trattato contro l'islam, che cominciò a circolare, spingendo le autorità
islamiche a organizzarne la morte.
MARTIROLOGIO ROMANO. A Granada in Spagna, beato martire Pietro Pascual, vescovo di Jaén, dell’Ordine della Mercede, che, arrestato dai Mori mentre, in visita al suo gregge, esortava il popolo alla difesa delle fede, morì in prigione.
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