Allora i farisei andandosene tennero consiglio per coglierlo in fallo
nei suoi discorsi. E gli mandano i loro discepoli con gli erodiani, dicendogli:
Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio nella verità, e non
ti importa di nessuno: infatti non guardi la persona degli uomini. Dicci dunque:
Che cosa ti sembra: E' lecito dare il tributo a Cesare o no? Gesù, conosciuta
la loro nequizia, disse: Perché mi tentate, o ipocriti? Mostratemi la moneta
del tributo. Ed essi gli presentarono un denaro. E Gesù disse loro: Di chi è
questa immagine e l'iscrizione? Gli dicono: Di Cesare. Allora disse loro: Rendete
dunque a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio. E udendolo
furono ammirati, e lasciatolo se ne andarono.
Girolamo: Era poco tempo che la Giudea era stata sottomessa
ai Romani da Cesare Augusto quando ebbe luogo il censimento di tutto il mondo e
si stabilirono i tributi. E così avvenne che ci fu nel popolo molto desiderio
di insurrezione, poiché alcuni dicevano che i Romani curavano la sicurezza e la
tranquillità di tutti: per questa ragione si doveva pagare il tributo; però i
farisei, che si attribuivano ogni giustizia, sostenevano al contrario che il
popolo di Dio, che già pagava la decima, dava le primizie e tutte le altre cose
prescritte nella legge, non doveva essere soggetto alle leggi umani. Però
Cesare Augusto aveva collocato Erode, figlio di Antipatro, straniero e
proselito, come re dei Giudei. Costui doveva ordinare i tributi e obbedire
all’impero romano. Perciò i farisei inviano i propri discepoli con gli
Erodiani, cioè con i soldati di Erode, o con quelli a cui davano il soprannome
ironico di Erodiani, ritenuti non affezionati al culto divino, poiché pagavano
i loro tributi ai Romani. Crisostomo:
Per questo dunque inviano i propri discepoli assieme ai soldati di Erode,
perché potessero vituperare qualsiasi cosa dicesse il Salvatore. Desideravano
dunque che il Signore dicesse qualcosa contro gli Erodiani, poiché, dato che
temevano di prenderlo per timore della folla, volevano metterlo in pericolo e
farlo apparire come nemico dei tributi pubblici. Crisostomo: Questa è la prima simulazione degli ipocriti:
quando lodano coloro che vogliono perdere. Pertanto cominciano la lode dicendo:
Maestro, sappiamo che sei veritiero.
Lo chiamano Maestro perché, vedendosi lodato e onorato, manifesti loro
semplicemente i segreti del suo cuore, desiderando di tenerli come discepoli.
… e non ti importa di nessuno: infatti non guardi la persona degli
uomini. Girolamo: Questa
affermazione soave e ingannevole lo provoca a rispondere che si deve temere più
Dio che l’imperatore. Per questo dicono: Dicci
dunque: Che cosa ti sembra: E' lecito dare il tributo a Cesare o no?
Poiché, se dice che non devono pagarsi i tributi, lo odano subito gli Erodiani
e lo arrestino come reo di sedizione contro l’imperatore di Roma. Crisostomo: E
dato che sapevano che alcuni che avevano aspirato a introdurre questa discordia
erano stati uccisi, volevano far cadere anche lui in questo sospetto con queste
parole.
Segue: Gesù, conosciuta la loro nequizia, disse: Perché mi tentate, ipocriti?
Crisostomo: Non risponde loro
soavemente secondo le parole pacifiche di essi, ma risponde con asprezza
secondo le loro intenzioni cattive: infatti Dio risponde ai pensieri, e non
alle parole.
Segue: Gli dicono: Di Cesare. Girolamo:
Non pensiamo però a Cesare Augusto, ma a Tiberio, suo figliastro, nel tempo del
quale soffrì la passione Nostro Signore. Ora, tutti gli imperatori romani, dal
primo Caio Cesare, che si impossessò dell’impero, venivano chiamati Cesare.
Segue: Rendete dunque a Cesare ciò che è di Cesare. Ilario: Se non abbiamo niente di ciò che è di Cesare. Non saremo
obbligati a dargli ciò che è suo; però se ci occupiamo delle sue cose, se
usiamo il diritto del suo potere, non abbiamo di che lamentarci come di un’ingiustizia
se dobbiamo pagare a Cesare ciò che è di Cesare. Crisostomo: Tu però, quando senti: Rendete dunque a Cesare ciò che è di Cesare, sappi che il Salvatore
dice unicamente quello che non si oppone alla pietà, poiché, se ci fosse qualcosa
del genere, non costituirebbe un tributo a Cesare, ma al diavolo. E dopo,
perché non dicano: ci sottomette agli uomini, aggiunge: e a Dio quel che è di Dio. Girolamo:
Cioè le decime, le primizie, le oblazioni e le vittime. Così come quando lo
stesso Signore pagò a Cesare il tributo per sé e per Pietro, pagò anche a Dio
ciò che è di Dio, facendo la volontà di suo Padre.
Ilario: Dobbiamo rendere anche a Dio ciò che è suo, cioè l’anima,
il corpo e la volontà. Infatti la moneta di Cesare è fatta di oro, dove si
trova impressa la sua immagine; la moneta di Dio è l’uomo, nel quale si trova figurata
l’immagine di Dio. Pertanto date le vostre ricchezze a Cesare e conservate la
coscienza della vostra innocenza per Dio.
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