È stato poi detto: <<Chiunque ripudierà la propria moglie le dia il
libello di ripudio>>. Ma io vi dico che chiunque ripudierà la propria moglie,
eccetto il caso dell’adulterio, la fa divenire adultera, e chi avrà sposato la
ripudiata commette adulterio.
Glossa: Prima il Signore aveva insegnato che non bisogna
desiderare la moglie altrui: di conseguenza qui insegna che non bisogna
ripudiare la propria.
Crisostomo: Quando Mosè trasse i figli di Israele fuori dall’Egitto,
per origine certamente erano Israeliti, ma per costumi Egiziani. Per i costumi
dei Gentili accadeva che il marito odiasse la moglie, e poiché non era permesso
ripudiarla, era pronto a ucciderla o ad affliggerla continuamente. Per questo
comandò che fosse dato il libello di ripudio, non perché era bene, ma perché
era il rimedio a un male peggiore.
Agostino: Chi poneva ostacolo al divorzio mostrò, per quanto
poté, agli uomini duri che egli non voleva la separazione. Il Signore dunque,
per confermare ciò, affinché la moglie non venisse facilmente ripudiata, fece
eccezione solo per l’adulterio; tutte le altre pene, se ce ne fossero state,
comanda di sopportarle con fortezza per la fedeltà coniugale.
Crisostomo: Se infatti dobbiamo sopportare i difetti degli
estranei, secondo le parole dell’Apostolo (Gal
6,2): <<Portati i pesi gli uni degli altri>>, quando più delle
mogli? Il marito cristiano poi non solo non deve macchiare se stesso, ma
nemmeno deve dare agli altri l’occasione di corrompersi: altrimenti il loro
peccato ridonda su di lui, che è divenuto la causa della loro mancanza. Chi
dunque ripudiando la moglie le ha dato occasione di commettere degli adulteri,
in modo che essa commetta adulteri con altri e altri con essa, è condannato a
causa di questi adulteri.
Agostino: L’Apostolo poi mostra il termine di questo
precetto, poiché dice che bisogna osservarlo finché vive suo marito. Quando
questo è morto, dà la licenza di sposarsi. Se poi non è concesso a un altro di
sposare la donna finché vive il marito da cui si è allontanata, molto meno è
concesso commettere cose illecite con una donna qualsiasi. Questo precetto poi
con cui il Signore vieta di ripudiare la moglie non è violato se uno vive con
essa non carnalmente, ma spiritualmente, sebbene non la ripudi. Infatti sono
più beati i matrimoni di coloro che per comune accordo osservano la continenza.
Sorge però qui una domanda: dato che il Signore permette di ripudiare la moglie
a motivo dell’adulterio, ci si chiede in che modo vada qui inteso l’adulterio:
se cioè dobbiamo intendere per adulterio il fare cose vergognose, oppure
intenderlo più in generale secondo l’uso della Scrittura che chiama adulterio
qualsiasi illecita corruzione, come l’idolatria o l’avarizia, e ogni
trasgressione della legge mediante un’illecita concupiscenza. Ma se è lecito,
secondo l’Apostolo, ripudiare la moglie infedele, sebbene sia meglio non
ripudiarla, e tuttavia non è lecito secondo il precetto del Signore ripudiare
la moglie se non a motivo dell’adulterio, l’adulterio è anche la stessa
infedeltà. Certamente, se l’infedeltà è adulterio, e l’idolatria è infedeltà, e
l’avarizia idolatria, non c’è dubbio che anche l’avarizia è adulterio. Chi
dunque potrebbe rettamente escludere dal genere dell’adulterio ogni illecita
concupiscenza se l’avarizia è adulterio?
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