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mercoledì 22 marzo 2017

Matteo, Capitolo 5, Versetti 43-48



Avete udito che fu detto: <<Amerai il tuo prossimo>> e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano e pregate per coloro che vi perseguitano e vi calunniano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli, che fa sorgere il suo sole sui buoni e sui cattivi e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Se infatti amate coloro che vi amano, quale premio ne avrete? Non fanno così anche i pubblicani? E se salutate solo i vostri fratelli che cosa fate di più? Non fanno così anche i pagani? Siate dunque perfetti, come anche il Padre vostro celeste è perfetto.

Glossa: Prima il Signore ha insegnato che non bisogna resistere a chi ci ingiuria, ma essere disposti a sopportare anche altro; ora invece insegna ulteriormente che a chi ci ingiuria bisogna offrire l’affetto insieme con l’affetto della carità. E poiché le cose dette prima appartengono al compimento della legge della giustizia, convenientemente quest’ultima cosa appartiene a buon diritto all’adempimento della carità, che secondo l’Apostolo è la pienezza della legge.

Agostino: […] Bisogna cercare in che modo si deve intendere che sull’esempio di Dio, al quale Paolo ha detto che alcuni sono in odio, dobbiamo odiare i nemici; e ancora sull’esempio di Dio, che fa sorgere il suo sole sui buoni e sui cattivi, dobbiamo amare i nemici. La regola è questa: dobbiamo odiare il nemico per ciò che in esso è male, cioè l’iniquità, e amare il nemico per ciò che in esso è bene, cioè la creatura razionale. Udito dunque ma non compreso ciò che fu detto agli antichi: odierai il tuo nemico, gli uomini venivano portati all’odio degli uomini, mentre non dovevano odiare se non il vizio. Ciò dunque corregge il Signore quando aggiunge: Ma io vi dico: Amate i vostri nemici; in modo che colui che aveva detto (Mt 5,17): << Non sono venuto ad abolire la legge ma a portarla a compimento>>, insegnando come dobbiamo amare i nemici ci costringesse a capire in che modo possiamo, riguardo al medesimo uomo, sia odiarlo per la colpa sia amarlo per la natura.

Gregorio: L’amore del nemico è sinceramente custodito quando non siamo abbattuti dal suo successo né allietati dalla sua rovina. Non amiamo infatti colui che non vogliamo che sia migliore, e della cui prosperità ci rattristiamo mentre la sua caduta ci rallegra. Capita tuttavia spesso che, senza aver perduta la carità, la caduta del nemico ci riempia di gioia, e la sua gloria ci rattristi, ma non per invidia: quando cioè con la sua caduta molti si alzano, e con il suo successo temiamo che molti siano oppressi ingiustamente. Ma ci vuole un attento esame per non lasciarci trarre ai nostri propri sentimenti sotto il fallace pretesto dell’utilità altrui, Dobbiamo inoltre valutare che cosa dobbiamo alla caduta del peccatore e che cosa alla giustizia che colpisce: poiché quando l’Onnipotente colpisce un malvagio, dobbiamo salutare con gioia la giustizia del giudice, e dolerci della miseria di chi perisce.

Crisostomo: Vedi poi quanti gradi ha salito e come ci ha posti con lui al vertice della virtù. Il primo grado è di non iniziare a ingiuriare; il secondo è di accontentarsi di un castigo equivalente all’ingiuria ricevuta; il terzo di non infliggere a chi ci ha vessato le cose che abbiamo patito; il quarto di esporre se stesso a patire il male; il quinto di dare di più di quanto vuole che chi ci ha fatto male; il sesto di non odiare chi ci ha fatto ciò; il settimo di amarlo; l’ottavo di fargli del bene; il nono di pregare per lui. E poiché si tratta di un grande precetto, aggiunge un premio nobilissimo, cioè divenire simile a Dio.

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