Nella “Chronica XXIV Generalium Ordinis Minorum” si trova inserito un
breve testo, intitolato “Passio fr. Stephani de Hungaria in civitate
Saray Tartarorum”, che è l’unico documento conservatoci di Stefano. In
esso, l’autore, peraltro anonimo – ma che si richiama alle testimonianze
dirette di persone degne di fede presenti al martirio – narra che il
francescano, nativo, sembra, da Naggyvarad in Transilvania, rinchiuso
“in loco qui S. Iohannes dicitur”, vicino a Saray – identificato dal
Golubovich in Selitrenoje in Russia “sulla riva orientale dell’Aktuba,
affluente del Volga”, fuggì un giorno dalla detenzione cercando riparo
in Saray, dove rinnegò il cattolicesimo, facendosi maomettano. Pentitosi
ben presto dell’apostasia, abiurò la nuava religione, ma venne
condannato al rogo. Spentosi il fuoco due volte miracolosamente, fu
ucciso il 22 aprile 1334 con la spada e con lancio di pietre. Sul luogo
del martirio avvennero varie guarigioni miracolose.
Stefano è
presente, con una certa frequenza nelle fonti francescane come martire;
basterà ricordare la “De Conformitate Vitae B. Francisci ad vitam d.
Iesu” di Bartolomeo da Pisa, in “Analecta Franciscana”, IV, pp. 333-34;
il “Compendium Chronicarum Fratrum Minorum” di Mariano da Firenze; la
“Chronica” di Giovanni da Winterthur. Lo ricorda anche Giacomo delle
Marche in un suo sermone “De excellentia Ordinis s. Francisci”. Nel
Martirologo Francescano è commemorato al 22 aprile.
Autore: Edith Pasztor
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