Discorso nel Cerro San Cristobal 1938.
Miei cari giovani:
L’impressionante cerimonia che si realizza questa notte è piena del più profondo significato. Dall’alto di un monte, sotto gli sguardi di nostro Padre Dio, e protetti dal manto materno di Maria, che alza le sue mani aperte verso il cielo intercedendo per noi, si riunisce, piena d’entusiasmo, una gioventù ardente, che porta torce fiammeggianti, piena l’anima di fuoco e di amore, mentre ai loro piedi la grande città giace nel silenzio di una notte che fa paura.
Questa scena mi ricorda un’altra, successa quasi due mille anni fa, pure quella su un monte al cadere dell’oscurità della notte…Dall’alto, Gesù e i suoi apostoli, ai loro piedi una gran folla e più in là le regioni sepolte nelle tenebre e nell’oscurità della notte dello spirito (cfr Sal 106,10) E Gesù, profondamente commosso davanti al pauroso spettacolo delle anime senza luce, dice ai suoi apostoli “Voi siete la luce del mondo “(Mt 5,14). Voi siete gli incaricati per illuminare quella notte delle anime, di riscaldarle, di trasformare quel calore in vita, vita nuova, vita pura, vita eterna…
Pure a voi, giovani carissimi, Gesù fa vedere adesso quella città che giace ai suoi piedi, e come allora sente compassione di lei: “Sento compassione della gente” (Mc 8, 2). Mentre voi —molti ma nello stesso tempo troppo pochi, vi siete dati un appuntamento di amore qui, in alto… Quanti, guanti .. in questa stessa ora macchiano le loro anime, crocefiggono di nuovo a Cristo nei loro cuori, nei luoghi di piacere, riboccanti di una gioventù decrepita, senza ideali, senza entusiasmo, unicamente ansiosi per godere, anche a costo della morte della loro anima..! Se Gesù apparisse in questi istanti in mezzo a noi rivolgendo il suo sguardo misericordioso e le sue mani sopra Santiago e su Chile, vi dicesse “sento compassione di questa folla…” (Mc 8,2).
Li, sotto i nostri piedi, giace una folla immensa che non conosce Cristo, che è stata educata per anni e anni senza poter ascoltare mai pronunciare il nome di Dio, né il santo nome di Gesù..
Io non dubito che se Cristo discendesse al Santo Cristoforo questa notte riscaldata di emozione ripeterebbe a voi, guardando la città buia: “sento compassione di lei” e rivolgendosi a voi direbbe con affetto infinito: “Voi siete la luce del mondo… Voi siete quelli che devono illuminare queste tenebre. Volete lavorare con me? Volete essere miei discepoli?
Questa è la chiamata urgente che dirige il Maestro ai giovani di oggi. Oh se vi decideste! Anche foste pochi… Un ridotto numero di operai intelligenti e decisi, potrebbero influire per la salvezza della nostra Patria, perché risulta difficile in certi luoghi trovare almeno questo ridotto numero!
La maggior parte rimangono attaccati ai loro piaceri, ai loro affari… Ma cambiare vita, consacrarla al lavoro per la salvezza delle anime, non si può, no si vuole…
Quanti sono chiamati da Gesú in questi anni di volo magnifico di gioventù. Ascoltano, sembra che dubitino un istante. Però il torrente della vita li trascina. Però voi miei cari giovani, avete risposto a Cristo, volete essere tra quelli eletti, volete essere apostoli… Ma essere apostoli non vuol dire portare un distintivo nell’occhiello della giacchetta; non vuol dire parlare della verità ma viverla, incarnarsi in lei, trasformarsi in Cristo. Essere apostoli non vuol dire portare una torcia nella mano, possedere la luce, bisogna essere luce.
Il Vangelo più che una lezione di scuola è un esempio. È il messaggio trasformato in vita vivente. “Il Verbo si è fatto carne” (Gv 1,14). Quello che è stato dal principio, quello che abbiamo ascoltato, che abbiamo visto con i nostri occhi e abbiamo contemplato e che le nostre mani hanno toccato, questo è quello che vi annunciamo” (cfr 1Gv 1,1-3).
Il Verbo, il messaggio divino, si è incarnato: la Vita si è manifestata. Dobbiamo essere simili a cristalli puri, perche la luce s’irradi attraverso di noi. Voi che vedete, che avete fatto della luce.
Una vita interamente cristiana – miei cari giovani – ecco qui l’unica maniera di irradiare Cristo. Vita cristiana, pertanto nella vostra famiglia; vita cristiana con i poveri che ci stanno attorno; vita cristiana con i compagni; vita cristiana nel tratto con le ragazze… Vita cristiana nella vostra professione; vita cristiana nella sala cinematografica, nel ballo, nello sport.
Il cristianesimo, o e una vita intera di donazione, una trasformazione in Cristo, o è una ridicola parodia che provoca al riso e al disprezzo.
E questa trasformazione in Cristo suppone identificarsi con il Maestro, anche nelle sue ore di Calvario. Per tanto, non può essere apostolo chi almeno in certe occasioni non è crocifisso come Cristo. Non fanno niente dunque quelli che fanno consistere solamente l’apostolato, l’Azione Cattolica, in un esercizio di discorsi e manifestazioni grandiose… Molto bene le opere, ma queste non sono la corona della vita, son solo l’inizio, un entusiasmo, un animarci mutuamente per accompagnare Cristo anche nelle ore dure della sua Passione, per essere innalzati con lui nella croce.
Prima di scendere da questo monte – cari giovani – vi chiedo in nome di Cristo: Siete disposti a bere il calice amaro dell’apostolato? Potete accompagnare Gesù nei suoi dolori, nella noia di un’opera realizzata con perseveranza? Lo potete? Se voi siete incerti, se non sentite entusiasmo per non essere uno della massa, di questa massa amorfa e mediocre, se, come il giovane del vangelo, vi rattristate per i sacrifici che Cristo vi chiede… rinunciate allora di essere chiamati con il bel nome di collaboratori e amici di Cristo.
Oh
Signore! Se in questa folla di giovani che si riunisce ai tuoi piedi si
accendesse en alcuni la fiamma di un desiderio generoso e dicesse con
sincerità: Signore, prenditi e ricevi tutta la mia liberta, la mia
memoria, la mia intelligenza, tutta la mia volontà, tutto quello che ho e
possiedo, lo consacro tutto intero, Signore, per lavorare per te, per
irradiare la tua vita, contento di non ricevere nessuna ricompensa che
quella di servirti, e, come queste torce che si consumano nelle nostre
mani, consumarmi per Cristo…”. Si ripentirebbero in Cile le meraviglie che realizzarono gli apostoli nella società pagana, che seppero conquistare per Gesù.
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