Cari fedeli, In hoc signo vinces. Perché iniziare quest’omelia della Festa di Cristo Re con questa frase frase latina? Tutti noi sappiamo che significa «con questo segno vincerai»: «In hoc signo vinces» è infatti la traduzione del greco "Εν Τουτω Νικα" (letteralmente: "con questo vinci"). La comparsa in cielo di questa scritta accanto a una croce è stato uno dei segni prodigiosi che, secondo lo stesso imperatore Costantino e la tradizione, avrebbero preceduto la battaglia di Ponte Milvio che avvenne proprio il 28 ottobre di 1700 anni fa. Era il 28 ottobre dell’Anno del Signore 312: Costantino stava avvicinandosi a Roma per combattere contro il rivale Massenzio. Rivoltosi in preghiera alla divinità, poco dopo mezzogiorno fu testimone, lui e il suo esercito, di un evento celeste prodigioso, l'apparizione appunto di un incrocio di luci sopra il sole e della scritta "Εν Τουτω Νικα". Nella notte successiva gli sarebbe apparso Cristo, ordinandogli di adottare come proprio vessillo il segno che aveva visto in cielo. Nei giorni successivi Costantino avrebbe chiamato dei sacerdoti cristiani per essere istruito su una religione, il cui contenuto gli era ancora sconosciuto. Costantino inoltre avrebbe fatto precedere le proprie truppe dal labaro imperiale con il simbolo cristiano del Chi-rho detto anche monogramma di Cristo, formato dalle lettere XP (che sono le prime due lettere greche della parola ΧΡΙΣΤΟΣ cioè "Christos") sovrapposte. Sotto queste insegne i soldati sconfissero l'avversario.
Perché raccontare quest’episodio? Semplicemente per ricordare un anniversario storico (il 1700 anniversario della battaglia di Ponte Milvio)? No di certo.
In primo luogo per ricordare chi è che, parafrasando Dante, incorona e mitria (Purgatorio, XVII): Dio e solo Dio. Da Dio viene l’autorità: «Omnis potestas a Deo». Tra le affermazioni neotestamentarie un tempo sulla bocca di tutti e oggi scomode vi è quella della Lettera ai Romani al cap. 13: «Non est enim potestas nisi a Deo» (nota anche nella sua non letterale versione affermativa: «Omnis potestas a Deo»). Sa Paolo dichiara così che ogni potere, sia spirituale sia temporale, deriva da Dio. Questo principio oggi è negato radicalmente dalla convinzione comune che l’autorità derivi dal popolo cosicchè “l'autorità appare senz'altro come derivata non da Dio ma dagli uomini, in maniera che anche il fondamento della medesima vacilla: tolta la causa prima, non v'è ragione per cui uno debba comandare e l'altro obbedire. Dal che è derivato un generale turbamento della società, la quale non poggia più sui suoi cardini naturali" (Pio Pp. XI, Enc. Ubi arcano Dei): è così chiaro se l’autorità viene dal popolo si può in definitiva fare tutto ciò che si vuole, ingannando o convincendo in qualche modo il popolo che quello che si fa va bene. Se l’autorità viene da Dio, non si può fare tutto ciò che si vuole e se si va contro Dio ci si mette nelle condizioni di non essere più legittimati ad esercitare il potere ma nella condizione di usurpatori, quando non di tiranni.
In secondo luogo, ricordando quest’episodio storico da cui è nato un mondo nuovo si evoca pure l’editto di tolleranza dell’imperatore Costantino che la Chiesa Cattolica chiama “il Grande” e che le Chiese Orientali, non dimentichiamolo, venerano come il “tredicesimo apostolo”, mentre gli eretici l’hanno sempre avuto in odio a cominciare dai giansenisti per finire alle moderne sette ereticali che ancora albergano, come serpi, nel seno della Santa Chiesa. Con quest’Editto di tolleranza, conosciuto anche come Editto di Milano, Costantino l’anno dopo la battaglia di Ponte Milvio nel 313, dopo le persecuzioni di Decio e Valeriano, e la grande persecuzione di Diocleziano pose la parola ufficialmente termine a tutte le persecuzioni religiose e volle proclamare la neutralità dell'Impero nei confronti di qualsiasi fede. In questo modo Costantino pagò un debito con Dio e pose le premesse perché un suo successore, Teodosio, proclamasse nel 380 i diritti della vera Fede, riconoscendo il Cristianesimo cattolico, e non ariano, l’unica vera Religione e di conseguenza Religione di Stato. Oggi questo non è più considerato valido: si preferisce ritornare davvero a Costantino e al suo Editto di sostanziale libertà religiosa per tutti dimenticando che era uno stadio verso qualcosa di più perfetto. La Chiesa avrebbe potuto ottenere ciò senza dover soffrire persecuzioni e seppellire migliaia di martiri: per l’Impero era intollerabile la pretesa di non riconoscere gli altri culti a partire da quello dell’Imperatore. Una volta riconosciuta la libertà religiosa la Chiesa avrebbe avuto pace, ma invece no. Perché? Perché la Chiesa non si è accomodata nel Pantheon delle più varie e diverse religioni che l’Impero riconosceva affiancandole una all’altra? Tra l’altro l’unico tempio intatto arrivato a noi dall’antica Roma è proprio questo, il Pantheon, quasi a ricordarci che vi fu un tempo in cui sarebbe bastato accontentarci di un angolino lì dentro e tutto si sarebbe sistemato. Ma perché la Chiesa di San Clemente, di San Damaso, di San Sisto II e di San Lorenzo non si è accomodata nel Pantheon? A nessuno di noi viene in mente una simile ipotesi perché la consideriamo assurda. Perché i primi cristiani non hanno neanche pensato ad una simile eventualità? Perché la Chiesa di Cristo non si accontenta di un angolo, pur importante, magari centrale, ma vuole tutto il Pantheon? La risposta è molto semplice, perché la Chiesa Cattolica ha sempre avuto, fin dai suoi albori, la pretesa di rappresentare la Verità, un unico Dio e di conseguenza la Chiesa Cattolica, fondata da N. S. Gesù Cristo, non può accettare l’esistenza dei falsi dei: un Dio che non sia più Uno ed esclusivo non sarebbe Dio. Costantino e Teodosio incarnano bene ciò: tolleranza ma nel riconoscimento che c’è un’unica vera religione. Costantino senza Teodosio produce il relativismo liberale e massonico del nostro tempo e porta all’autodistruzione della Chiesa che si trova assimilata ai falsi culti “delli dei falsi e bugiardi” (Inferno I), Teodosio senza Costantino porterebbe ad una teocrazia tutta dedita alla persecuzione delle false religioni, senza la prudente e capacità di tolleranza del male in vista di volgerlo al bene e comunque di un bene più grande.
Oggi viviamo in un mondo in cui le Verità della nostra Fede, ed in particolare quelle relative ai Diritti di Dio e di Gesù Cristo, Nostro Signore e Nostro Re, sono oscurate: si parla solo di diritti dell’uomo e dei singoli, financo degli animali: Cristo Re si è ritirato dalle nazioni, esiliato e reietto, ma non dimentichiamo che Egli rimane Re perché Dio e nessuno può pensare di vincere contro Dio. Quindi che dobbiamo fare, cari fedeli, se le nazioni, compresa la nostra Italia, sempre di più ai nostri giorni “di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta” (Purgatorio, VI), si sottraggono al soave giogo di Cristo Re? Solo dolercene pregando per il ritorno di Cristo Re? Non solo: ricordiamoci che il Regno di Cristo comincia nell’adorazione, deve cominciare nelle nostre anime perché per Nostro Signore un’anima vale una nazione intera. Ecco l’importanza della Santa Messa, principio e fonte della nostra adorazione, ecco l’importanza di questa Santa Messa tradizionale che ci introduce veramente nel Mistero della Fede; siamo fedeli alla Santa Messa saremo fedeli a Cristo Re e affretteremo il tempo in cui la sua Regalità sulle nazioni e sugli Stati non sarà più messa in discussione in nome del concetto di libertà religiosa, figlio dell’Illuminismo e della visione massonica dell’esistenza umana, ma finalmente riconosciuta tornando a far fiorire le nazioni, compresa la nostra amata amatissima Italia.
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