Gerardo era l'ultimo di 5 figli di una modestissima famiglia di Muro
Lucano (Potenza) dov'era nato il 23 aprile 1726. Gente povera, i Maiella
conducevano una vita al limite della sussistenza, tanto che più d'una
volta conobbero in tutta la sua crudezza il morso della fame. Ragazzotto
semplice e umile, ma molto devoto e onesto, quando ne ebbe l'età
Gerardo pensò di abbracciare la vita religiosa nell'Ordine dei frati
cappuccini.
Ma i buoni francescani non lo accettarono perché
cagionevole di salute. Lo accolsero invece i redentoristi di
sant'Alfonso de' Liguori in un loro convento presso Foggia. Umile
religioso converso, attendeva tranquillamente alla propria perfezione
spirituale, quando sulla sua vita si abbatté una furiosa tempesta. Una
giovane donna lo accusò di atti indegni e i superiori, sant'Alfonso per
primo, le credettero. E così il buon Gerardo venne privato della
comunione e confinato in un convento presso Avellino con la proibizione
di avere contatti con l'esterno.
Il buon religioso aveva più di
una prova per discolparsi, ma accettò l'increscioso episodio come un
segno della volontà di Dio e per spirito di mortificazione. Tacque,
convinto che se Dio avesse voluto dimostrare la sua innocenza l'avrebbe
fatto meglio di qualunque altro. E un giorno infatti la verità venne a
galla, e con essa la straordinaria umiltà del religioso converso,
possibile solo in un uomo molto avanti nella via della santità.
Accompagnato
dall'ammirazione dei confratelli, Gerardo proseguì nel proprio cammino
di perfezione. I superiori gli chiesero di trascrivere i suoi esami di
coscienza: lo fece con diligenza offrendoci esempi di assoluta
perfezione. Il Signore gli concesse anche la grazia di compiere
miracoli. Accompagnato da quest'aura di prodigiosa santità, egli a soli
ventinove anni chiuse la propria vita. Le sue ultime parole furono: «Dio
è morto per me. Se a lui piace, io vorrei morire per lui». Fu
beatificato da Leone XIII nel 1893 e canonizzato da san Pio X nel 1904.
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