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mercoledì 31 luglio 2019

Pdf. Sant'ignazio di Loyola - Esercizi Spirituali


All’inizio del Cinquecento, Ignazio di Loyola visse un’esperienza profonda di Dio; sentendo il desiderio di parteciparla agli altri, la strutturò in un percorso di circa trenta giorni. Nacque così il “mese ignaziano”, un itinerario pedagogico di preghiera personale in cui si è condotti progressivamente alla conoscenza della volontà di Dio. Svolto da persone desiderose di un chiarimento della propria vocazione e del proprio ruolo nella Chiesa, costituisce un’esperienza carismatica di rivelazione e d’illuminazione. Svolto invece da chi ha già uno stato di vita definito, come sacerdoti, seminaristi, religiose o coniugi, comporta una ripresa e un rafforzamento delle motivazioni fondamentali, un’interiorizzazione dei contenuti acquisiti nello studio della teologia e nella formazione, una comprensione profonda delle proprie esperienze spirituali, pastorali e umane…


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lunedì 29 luglio 2019

Documentario - Il Medioevo: I Cavalieri e le Armature

Cavalieri e cavalleria nel Medioevo: l’origine

Intorno all’VIII secolo cominciò a diffondersi in Europa l’uso di combattere a cavallo. Questa pratica si affermò grazie all’arrivo dall’Asia della staffa. Con questo piccolo ma fondamentale accorgimento era possibile «puntellare» i piedi ed evitare di essere sbalzati di sella al primo scontro. I protagonisti di questa trasformazione furono i popoli nomadi germanici, i quali, a differenza dei Romani, erano eccellenti cavallerizzi.

Nei tre secoli successivi, i soldati a cavallo divennero professionisti della guerra legati da un vincolo di fedeltà al loro signore. Essi dovevano provvedere al proprio equipaggiamento, ossia procurarsi armi e armatura e un buon cavallo; per questo, in quel tempo di grande e diffusa povertà, poteva divenire cavaliere solo chi era abbastanza ricco e apparteneva alla nobiltà.

A partire dall’XI secolo, i cavalieri, fino ad allora quasi sempre analfabeti, divennero via via più colti e raffinati: la frequentazione delle corti dei Signori e l’adesione sempre più convinta ai precetti del cristianesimo ammorbidirono i loro modi violenti e spietati. La stessa Chiesa intervenne per frenare i loro eccessi, cercando di imporre loro un codice di comportamento morale e religioso. Così, anche per distinguere i veri cavalieri dai semplici predoni di strada, fu creato l’istituto della cavalleria. Chi entrava a farne parte doveva sottostare a una serie di regole: dalla cerimonia d’investitura al rispetto di alcune norme di comportamento.

Cavalieri e cavalleria nel Medioevo: come si diventava cavaliere

Era necessario seguire un percorso lungo ed elaborato. Così, all’età di sette anni, i figli di cavalieri e i figli cadetti dei feudatari (cioè coloro che non ereditavano il feudo in quanto non primogeniti) diventavano paggi, svolgevano cioè servizi domestici per i signori e per le dame di corte e cominciavano ad apprendere l’arte militare e le virtù cavalleresche nelle «scuole di cavalleria» dei castelli.

Più tardi, a partire dai quattordici anni, si mettevano al servizio di un cavaliere, accompagnandolo in battaglia o a caccia o nei tornei, e venivano addestrati all’uso delle armi e all’equitazione.

Verso i vent’anni erano pronti per l’investitura, ossia per la nomina ufficiale a cavaliere, che poteva avvenire dopo una battaglia, per il coraggio e l’abilità militare dimostrati o, in tempo di pace, in occasione di una pubblica cerimonia civile e religiosa.

Prima, però, lo scudiero doveva vegliare in preghiera (da qui il detto “Passare una notte in bianco”), confessarsi, partecipare alla messa e fare la comunione. Solo allora si svolgeva la cerimonia dell’investitura: il signore feudale o un alto prelato lo nominava ufficialmente cavaliere, dandogli un energico colpo sulla nuca, posandogli la spada su entrambe le spalle, mentre lui stava inginocchiato, e pronunciando la formula: «Nel nome di Dio, di san Michele e di san Giorgio, io ti faccio cavaliere».

Cavalieri e cavalleria nel Medioevo: norme di comportamento del cavaliere

Una volta nominato cavaliere, egli era tenuto a rispettare una serie di norme di comportamento. Se non lo faceva, era accusato di fellonìa (o villanìa) e poteva essere epulso dalla cavalleria.

Ecco il decalogo del cavaliere:

1. Tu crederai a tutto ciò che la Chiesa insegna e osserverai i suoi comandamenti.
2. Tu proteggerai la Chiesa.
3. Tu avrai rispetto per tutti i deboli e te ne sarai difensore.
4. Tu amerai il paese nel quale sei nato.
5. Tu non indietreggerai davanti al nemico.
6. Tu farai guerra agli infedeli senza tregua né misericordia.
7. Tu adempirai scrupolosamente i tuoi doveri feudali purché essi non siano contrari alla legge di Dio.
8. Tu non mentirai e sarai fedele alla parola data.
9. Tu sarai generoso e largheggerai con tutti.
10. Tu sarai sempre e comunque il campione del diritto e del bene contro l’ingiustizia e il male.

Cavalieri e cavalleria nel Medioevo: l’armatura e le armi del cavaliere

I cavalieri in battaglia si proteggevano dai colpi nemici mediante lo scudo, solitamente di forma tonda, ma anche a goccia, secondo l’uso normanno, e l’armatura, prima in cuoio e poi in metallo.
L’armatura in metallo era detta cotta, una tunica a maglie di ferro lunga fino a metà coscia e dotata di maniche.

Più tardi, a partire dal Quattrocento, si affermò anche l’armatura a piastre, molto più pesante (circa 25 chili) e copriva l’intero corpo, compresi i piedi. Era costituita di piastre di ferro articolate fra loro mediante piccoli anelli, allo scopo di agevolare i movimenti.
L’armatura comprendeva anche l’elmo, il quale, dato che ricopriva interamente la testa, aveva una fessura per gli occhi, che poteva far parte di una visiera articolata e apribile. A volte l’elmo era dotato di cimiero, un pennacchio di piume o di penne con funzione ornamentale. Talvolta il cavaliere, a ulteriore protezione, indossava la cotta.

Anche il cavallo era corazzato, oltre che rivestito (soprattutto durante i tornei) da una gualdrappa con gli emblemi e i colori della casata.

Nelle cariche a cavallo, il cavaliere reggeva una robusta lancia lunga tre o quattro metri. Per reggere l’inevitabile contraccolpo, veniva appoggiata a una sporgenza della corazza detta “resta“. Dopo l’urto della prima carica, il cavaliere impugnava solitamente una pesante spada, ma anche (allo scopo di sfondare le armature nemiche) una ascia o una mazza ferrata formata da una testa di ferro (a volte chiodata) montata su un manico di legno.

sabato 27 luglio 2019

Trovata a Betsaida la Chiesa Costruita sull’Abitazione degli Apostoli Pietro, Andrea e Filippo

Ritrovati i resti della chiesa che secondo la tradizione venne costruita sulla casa di Andrea, Filippo e Pietro
 
Citata varie volte nei vangeli degli apostoli Giovanni, Marco, Luca e Matteo, Betsaida fino agli anni 90 del secolo scorso era un mistero di cui si dubitava perfino della sua esistenza. Secondo Giovanni, che la situa a nord del lago di Tiberine al confine con la Galilea, qui vi nacquero Pietro, Andrea e Filippo. Di Betsaida parlano anche fonti risalenti all’imperatore romano Adriano e naturalmente anche l’antico testamento la cita, qua infatti si sarebbe recato re Davide per sposare la figlia del re di Gheshur di cui Betsaida era la capitale. Nel vangelo di Marco, qui Gesù guarì un cieco, per Luca è nelle vicinanze di Betsaida che venne compiuto il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Ma già quando cominciarono ad arrivare i primi pellegrini cristiani nel medio evo di essa nessuna traccia, a parte il racconto di uno dei primissimi di essi, il vescovo bavarese Willibad che riferì di aver visto la chiesa di Pietro e di Andrea, costruita sulla loro abitazione. Solo negli anni 80 del secolo scorso scavi archeologi hanno portato dopo lunghe ricerche al ritrovamento delle rovine della città, quelle di epoca ellenistica romana. Solo più tardi, scavando ancora, sono stati portati alla luce resti dell’età del Ferro, quella dell’antico testamento.

LA CASA DEGLI APOSTOLI 

Furono rinvenuti i resti di una porta civica dell’Età del Ferro (tempo della Bibbia ebraica) che hanno portato gli studiosi su un nuovo filone di ricerca. Infine, come annuncia adesso il sito israeliano Haaretz annuncia il nuovo, definitivo ritrovamento: la chiesa di Pietro e Andrea. Questo grazie al ritrovamento di monete d’argento di epoca bizantina, e alcuni resti risalenti a 550 anni dopo la vita degli apostoli. Secondo l’articolo, gli archeologi del Kinneret Academic College e del Nyack College di New York che hanno effettuato gli scavi nella Riserva Naturale di Bteikha, presso il Mare di Galilea, hanno trovato resti di una chiesa dell’epoca bizantina, come indica la presenza di tessere di mosaico. Il professor R. Steven Notley del Nyack College ha detto a Haaretz che “sono di mosaici murali e appaiono solo nelle chiese”. Il sito della chiesa in realtà è stato scoperto per la prima volta nel 2017, gli archeologi si dicono convinti che si tratti dei resti di un’antica città romana che una volta avrebbe potuto essere il villaggio di pescatori di Betsaida, noto nei Vangeli come patria degli apostoli Pietro, Andrea e Filippo. Ancora una volta le scoperte archeologiche in Palestina confermano dunque quanto scritto nei vangeli.

venerdì 26 luglio 2019

San Tommaso d'Aquino - Preghiera alla Madonna

Beatissima e dolcissima Vergine Maria, madre di Dio, tutta piena di bontà, figlia del Re dei cieli, signora degli Angeli e madre dei credenti: oggi e per tutti i giorni della mia vita ripongo nelle tue mani pietose il mio corpo e la mia anima, e tutti i miei atti: pensieri, volontà, desideri, parole e opere, tutta la mia vita e la mia morte, affinché, per tua intercessione, siano ordinati al bene, conforme alla volontà del tuo diletto Figlio e Signore nostro Gesù Cristo; e tu, Signora mia santissima, sii per me aiuto e conforto contro le insidie e le astuzie dell’antico avversario e di tutti i nemici della mia anima.
Dal tuo diletto Figlio e Signore nostro Gesù Cristo, degnati di ottenermi la grazia con cui possa resistere alle tentazioni del mondo, della carne e del demonio, e mantenere sempre fermo il proposito di non più peccare, e di perseverare invece nel servizio tuo e del tuo diletto Figlio.
Ti supplico pure, Signora mia santissima, di impetrarmi una vera obbedienza e una vera umiltà di cuore, perché mi riconosco misero e fragile peccatore, incapace non solo di compiere qualsiasi opera buona, ma anche di resistere alle ricorrenti tentazioni, senza la grazia e l’aiuto del mio Creatore e le tue sante preghiere.
Ottienimi, Signora mia dolcissima, una costante castità di mente e di cuore, perché possa con cuore puro e corpo casto servire al tuo Figlio e a te, nel tuo diletto Ordine.
Ottienimi da Lui una volontaria povertà con pazienza e tranquillità di spirito perché possa sostenere gli impegni del mio stato, e lavorare per la salvezza mia e del mio prossimo.
Ottienimi ancora, Signora dolcissima, una verace carità, perché ami con tutto il cuore il tuo sacratissimo Figlio e nostro Signore Gesù Cristo; e te, dopo di Lui, sopra ogni altra creatura; e il prossimo in Dio e per Dio, sì da godere del suo bene, soffrire del suo male, non disprezzare né giudicare temerariamente alcuno, né preferirmi ad alcuno nel segreto del mio cuore.
Fa’ ancora, Regina del cielo, che custodisca sempre nel mio cuore l’amore e il timore del tuo dolcissimo Figlio; che di continuo renda grazie per i tanti benefici concessimi non per mio merito, ma per sua bontà; che faccia una confessione pura e sincera e una vera penitenza dei miei peccati, per meritare la sua misericordia e la sua grazia.
Infine, ti prego perché al termine della mia vita, tu che sei madre impareggiabile, porta del cielo e avvocata dei peccatori, non permetta che io, indegno tuo servo, possa deviare dalla fede cattolica; ma soccorrimi con la tua grande bontà e misericordia, difendimi dagli spiriti del male e infondimi speranza nella gloriosa Passione del tuo Figlio benedetto; ottienimi anche con la tua intercessione il perdono dei miei peccati e, concedendomi di spirare nel tuo e nel suo amore, dirigimi sulla via della salvezza e della gloria eterna. Amen. Per ottenere la contemplazione invoco te, Dio di ogni consolazione, che non vedi nulla in noi tranne i tuoi doni, affinché ti degni di elargirmi, dopo il termine di questa vita, la conoscenza della verità prima e il godimento della maestà divina.

martedì 23 luglio 2019

Pdf. Santa Brigida di Svezia - Le Orazioni

Santa Brigida nutriva il desiderio di venire a conoscenza di quanti colpi di frusta e percosse ricevette nostro Signore, Gesù Cristo, durante la Sua Dolorosa e Cruenta Passione.
 
Le apparve, allora, Gesù, che le disse: “Figlia mia, ho ricevuto sul Mio Corpo ben 5480 colpi! Se tu vorrai onorarli, dirai, ogni giorno, per la durata di un Anno, 15 Padre Nostro e 15 Ave Maria, insieme alle seguenti Orazioni, che Io ti do. Trascorso un anno, tu avrai onorato ognuna delle Mie Piaghe.”
 
Quindi, Gesù, per intercessione di Santa Brigida di Svezia, ha voluto fare dono di queste Promesse a tutti coloro che reciteranno queste sue Orazioni, tutti i giorni, per la durata di un anno, come Lui ha desiderato…

domenica 21 luglio 2019

Matteo, Capitolo 22, Versetti 41-46


Radunati poi i Farisei, Gesù li interrogò dicendo: Che ne vi pare di Cristo? Di chi è figlio? Gli dicono: Di Davide. Dice loro: Perché dunque Davide nello spirito lo chiama Signore, dicendo: «Ha detto il Signore al mio Signore: Siedi alla mia destra, finché non ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi»? Se dunque Davide lo chiama Signore, in che modo è suo figlio? E nessuno poteva rispondergli parola, e nessuno osò da quel giorno interrogarlo ulteriormente.

Crisostomo: I Giudei, credendo che Gesù fosse unicamente uomo, non l’avrebbero tentato se avessero conosciuto che era figlio di Dio. Volendo dunque Cristo manifestare che conosceva le contorte intenzioni dei Giudei e che era Dio, non voleva dire chiaramente la verità per evitare che, intendendolo i Giudei come bestemmia, si infuriassero di più, né tacere in modo assoluto perché era venuto a insegnare la verità. Per questo li interrogò in maniera tale che la stessa domanda manifestasse loro chi egli era; per cui si dice: Radunati poi i Farisei, Gesù li interrogò dicendo: Che ne vi pare di Cristo? Di chi è figlio?

Crisostomo: Prima aveva interrogato i suoi discepoli per sapere che cosa dicevano altri del Cristo, e poi li interrogò su chi era secondo ciò che essi dicevano. Però questi non li interrogò nella stessa maniera, poiché sicuramente lo avrebbero chiamato seduttore e malvagio. Essi consideravano che Cristo era un uomo puro; per cui dissero che era figlio di Davide, e questo è ciò che segue: Gli dicono: Di Davide. Il Salvatore riprendendo ciò cita il Profeta, testimonia il suo dominio e la proprietà della filiazione, e che a lui corrisponde lo stesso onore che al Padre. Per questo aggiunge: Perché dunque Davide nello spirito lo chiama Signore, dicendo: «Ha detto il Signore al mio Signore: Siedi alla mia destra, finché non pongaGirolamo: Questa testimonianza è stata presa dal Salmo 109,1. Dunque è chiamato Signore di Davide non per essere nato da lui, ma perché nato dal Padre, prevenendo suo padre secondo la carne. Lo chiama poi suo Signore non per errore di dubbio, né per sua propria volontà, ma perché così detta lo Spirito Santo.

Remigio: Quando dice: Siedi alla mia destra, non si intende che Dio abbia un corpo con una destra e una sinistra, ma che stare seduto alla destra di Dio è come avere un onore pari a quello.

mercoledì 17 luglio 2019

Film - Padre Pio (1990)


Nel 1999, in occasione della beatificazione di Padre Pio, una anziana donna di nome Emilia si presenta al cospetto di un alto prelato della Santa Sede. È l’ultima testimone delle opere del frate di Pietralcina. La donna inizia il suo racconto partendo dal 1918, data in cui conobbe il frate e procede fino agli anni della seconda guerra mondiale. Emilia racconta la fede senza compromessi del sacerdote, la sua esistenza vissuta vicino ai poveri e al Signore, il suo lavoro instancabile, e ripercorre la sua sofferenza per le stigmate e il suo desiderio di realizzare un ospedale ipertecnologico, anche di fronte a mille difficoltà e a un terremoto.


Anno 
1990

Paese



Regia Carlo Carlei

Attori Sergio Castellitto, Jürgen Prochnow, Lorenza Indovina, Flavio Insinna, Tosca D’Aquino, Roberto Chevalier, Gianni Bonagura, Pierfrancesco Favino, Pietro Biondi, Andrea Buscemi, Raffaele Castria, Mario Erpichini, Elio Germano, Adolfo Lastretti, Camillo Milli, Anita Zagaria, Franco Trevisi, Loris Pazienza, Rosa Pianeta, Davide Quatraro

martedì 16 luglio 2019

Scoperta una Nuova Fonte Battesimale nella Chiesa della Natività a Betlemme

Forse di epoca bizantina, era nascosta in quella ottagonale già nota.

Un gioiello "splendido e di fattura squisita". Così Gianmarco Piacenti, capo dell'omonima azienda italiana che dirige i lavori di restauro della Chiesa della Natività a Betlemme in Cisgiordania, definisce la scoperta resa nota oggi da Ziad al-Bandak, capo del Comitato presidenziale palestinese che sovrintende al recupero della Basilica. 
 
Si tratta di una nuova fonte battesimale circolare, probabilmente bizantina, poi traslata in epoca crociata, rinvenuta - spiega Bandak alla Wafa - durante i lavori in corso nella parte sud della Basilica. Era nascosta, aggiunge, "nella fonte battesimale ottagonale esistente, fatta di pietra simile a quelle delle colonne". Esperti internazionali stanno arrivando per una migliore datazione del reperto. 
 
"Lo staff archeologico attualmente all'opera nella Chiesa - racconta Piacenti - sta analizzando tutti gli strati tra le due fonti battesimali per aiutare nella datazione dei reperti". La nuova scoperta è "un ulteriore tassello nella ricostruzione della storia della Basilica e della sua tradizione cristiana". Per Piacenti si tratta di "un ritrovamento importante e di grande bellezza che indica un oggetto realizzato per committenti importanti. La sua scoperta arricchisce la Basilica più antica della Terra Santa". Piacenti ha poi spiegato che la nuova fonte battesimale "è venuta alla luce nei giorni scorsi quando il team attualmente al lavoro sui restauri stava facendo come elemento preparatorio la stratigrafia archeologica degli strati che occludono l'interno del pozzo". Toccherà ora allo storico medievista Michele Bacci, italiano dell'Università di Friburgo datare con precisione l'oggetto ritrovato.
 
Per Piacenti "la nuova fonte battesimale si aggiunge nella sua importanza ai gioielli trovati nel corso del restauro. Tra questi, l'Angelo in mosaico nelle pareti della Navata centrale, i brani inediti di mosaico costantiniano e le due lanterne del sesto secolo trovate durante gli scavi per riportare alla luce i mosaici pavimentali".

lunedì 15 luglio 2019

Pdf. San Bonaventura - Itinerario della Mente a Dio

Bonaventura da Bagnoregio è stato un cardinale, filosofo e teologo italiano. Denominato Doctor Seraphicus, insegnò alla Sorbona di Parigi e fu amico di san Tommaso d'Aquino. Vescovo e cardinale, dopo la morte venne canonizzato da papa Sisto IV nel 1482 e proclamato Dottore della Chiesa da papa Sisto V nel 1588.

Bonaventura da Bagnoregio, ministro generale dell'ordine francescano, riesce a proporre, nell'"Itinerarium mentis in Deum", una riflessione filosofica profondamente animata dall'insegnamento che Francesco d'Assisi aveva saputo diffondere pochi decenni prima e, nello stesso tempo, capace di misurarsi con le altre grandi costruzioni dottrinali dei pensatori a lui contemporanei, come Tommaso d'Aquino. In poche pagine, uno dei massimi pensatori del XIII secolo sintetizza la propria visione del mondo e del cammino che la conoscenza umana deve percorrere, per elevarsi a Dio. L'andamento ascetico del trattato e il punto d'arrivo rappresentato dall'estasi mistica non impediscono all'autore di sviluppare un'attenta e minuziosa analisi sui meccanismi della conoscenza umana, che fa di quest'opera uno dei capolavori della letteratura filosofica medievale. Su questo aspetto insistono in modo particolare i curatori, accompagnando il lettore a cogliere una concezione profondamente dinamica della realtà naturale e umana, in costante tensione verso la realizzazione di una sempre più perfetta somiglianza con le relazioni e il dinamismo interni a un Dio concepito come trinità.

Matteo, Capitolo 22, Versetti 34-40


I farisei, udendo che aveva messo a tacere i sadducei, si radunarono, e uno di loro, dottore della legge, lo interrogò per tentarlo: Maestro, qual è il più grande comandamento nella legge? Gli disse Gesù: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente». Questo è il più grande comandamento. Il secondo poi è simile a questo: «Amerai il prossimo tuo come te stesso». Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti.

Girolamo: Poiché in precedenza i farisei erano stati confutati nella presentazione della moneta, e videro la disfatta dei loro avversari, dovevano con questo essere decisi a non insistere con le insidie; ma per la malevolenza e il livore nutrono l’impudenza, per cui si dice: I farisei, udendo che aveva messo a tacere i sadducei, si radunarono. Crisostomo: Senza dubbio i Farisei si misero d’accordo per mezzo del numero non potendo vincere per mezzo di ragionamenti. Però, appoggiandosi al numero, confessano che non si possono appoggiare alla verità. Dunque dicevano fra sé che parli uno solo per noi, e noi parliamo per mezzo di lui; così che, se vincerà, appariremo come se avessimo vinto tutti, mentre se sarà confuso lo sarà egli solo; per cui segue: e uno di loro, dottore della legge, lo interrogò per tentarlo.

Gli disse Gesù: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Crisostomo: Amerai, dice, non: temerai, poiché amare è di più di temere, e temere è proprio dei servi, mentre amare è proprio dei figli. Il timore procede dalla necessità, l’amore dalla libertà. Colui che serve Dio per timore evita il castigo in verità, però non ha la grazia della santità, dato che, obbligato, pratica il bene per paura. Dio dunque non vuole essere servito dall’uomo in maniera servile e come un padrone, ma essere amato come un padre, dato che ha concesso agli uomini lo spirito di adozione. E amare Dio con tutto il cuore è tanto come non avere il proprio cuore inclinato all’amore di qualche cosa, ma all’amore di Dio. Amare Dio con tutta l’anima è avere come conoscimento certissimo della verità e stare fermi nella fede. Pertanto una cosa è l’amore del cuore, un’altra l’amore dell’anima. L’amore del cuore è carnale in un certo senso, così da amare Dio anche con la carne; e non possiamo fare ciò senza astenerci dalle cose terrene. Pertanto l’amore del cuore si sente nel cuore, ma l’amore dell’anima non lo si sente, ma lo si comprende, poiché consiste nel giudizio dell’anima. Colui che crede che tutto il bene sta in Dio e nulla di buono c’è fuori di lui, questi lo ama con tutta la sua anima. Amare Dio con tutta la mente è come consacrargli tutti i propri sentimenti; colui il cui intendimento serve Dio, la cui sapienza si fissa in Dio, la cui intelligenza si occupa delle cose di Dio, e la cui memoria ricorda le cose buone, può dirsi che ama Dio con tutta la sua mente.

Agostino: Oppure diversamente. Ci si domanda che si ami Dio con tutto il cuore, cioè con tutti i tuoi pensieri; con tutta l’anima, cioè con tutta la tua vita; con tutta la tua mente perché consacri tutto il tuo intendimento a colui dal quale hai ricevuto tutte queste cose. Non rimane parte alcuna della nostra vita che debba stare oziosa e che voglia godere di altre cose. Pertanto, qualsiasi altra cosa che vogliamo amare sia diretta al punto che deve fissarsi tutta la forza del nostro amore. Un uomo è molto buono quando si inclina con tutte le sue forze al bene immutabile.
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