Il dottor
Walter C. Kaiser Jr. è titolare di Antico Testamento presso il
Seminario Teologico Gordon-Conwell. Egli è riconosciuto a livello
internazionale come studioso di Antico Testamento. Ha pubblicato più di
30 libri.
" È difficile ridurre diverse centinaia di
scoperte archeologiche significative a un semplice elenco delle 15 più
importanti. Le seguenti saranno qui elencate sulla base di come ciascuna
ha influenzato l'interpretazione delle Scritture. Elencherò le seguenti
scoperte in ordine di significatività, aggiungendo giusto qualche
commento per spiegarne l'importanza.
01 Gli amuleti di Ketef Hinnom
L'onore del primo posto senza dubbio appartiene al testo dell'Antico
Testamento e a quello del Nuovo Testamento più antichi, noti fino a
questo momento.
L'antichità del testo dell'Antico Testamento è attestata dai due amuleti scoperti al di sotto di una scarpata rocciosa, sulla quale si trova la chiesa di S. Andrea della Scozia, sull'altro lato della valle di Hinnom rispetto alle mura occidentali della città antica di Gerusalemme. Sono conosciuti come gli amuleti di Ketef Hinnom, scoperti nel 1979 da Gabriel Barkay nella caverna 25.
Queste piastre d'argento datate tra il settimo e il sesto secolo a.C., arrotolate così da formare due amuleti (il più grande di 10 x 2,5 centimetri, e il più piccolo di 4 x 1,2 centimetri), riportano incise le parole di Numeri 6,24-26 sull'una, e di Deuteronomio 7,9 sull'altra. Entrambe corrispondono alle parole ebraiche trovate nel Pentateuco e mostrano una straordinaria similitudine con le parole e l'ortografia di queste Scritture. Tutto ciò sfida coloro, che datano il Pentateuco nel periodo post-esilico, a spiegare come due testi dalla Legge di Mosè appaiano molto prima rispetto alla data che la critica accademica ha attribuito loro.
L'antichità del testo dell'Antico Testamento è attestata dai due amuleti scoperti al di sotto di una scarpata rocciosa, sulla quale si trova la chiesa di S. Andrea della Scozia, sull'altro lato della valle di Hinnom rispetto alle mura occidentali della città antica di Gerusalemme. Sono conosciuti come gli amuleti di Ketef Hinnom, scoperti nel 1979 da Gabriel Barkay nella caverna 25.
Queste piastre d'argento datate tra il settimo e il sesto secolo a.C., arrotolate così da formare due amuleti (il più grande di 10 x 2,5 centimetri, e il più piccolo di 4 x 1,2 centimetri), riportano incise le parole di Numeri 6,24-26 sull'una, e di Deuteronomio 7,9 sull'altra. Entrambe corrispondono alle parole ebraiche trovate nel Pentateuco e mostrano una straordinaria similitudine con le parole e l'ortografia di queste Scritture. Tutto ciò sfida coloro, che datano il Pentateuco nel periodo post-esilico, a spiegare come due testi dalla Legge di Mosè appaiano molto prima rispetto alla data che la critica accademica ha attribuito loro.
02 Il papiro di John Rylands
In un modo simile, il papiro di John Rylands, scoperto nel 1920 da
Grenfeld in Fayum, Egitto, risultò essere il più antico frammento di un
manoscritto del Nuovo Testamento finora conosciuto. Fu datato dagli
esperti di papirologia nel 125 d.C. Poiché però era in circolazione a
tale distanza nel sud dell'Egitto, questo pezzettino di papiro con dei
versetti dell'Evangelo di Giovanni (Gv 18,31-33; 37-38), mise fine con
successo ai tentativi dell'epoca di attribuire all'Evangelo di Giovanni
una data molto più tardiva, posteriore al discepolo Giovanni, e di porlo
quindi verso la fine del secondo secolo d.C. Alla luce dell'evidenza
archeologica, non fu più possibile un tale spostamento.
03 I rotoli del Mar Morto
Probabilmente i più sensazionali manoscritti scoperto ai nostri tempi
sono i rotoli del mar Morto. Furono trovati nel 1948 nelle caverne
vicino alle rovine di Qumran, una comunità degli Esseni del primo secolo
a.C., collocata vicino alla costa nord-occidentale del Mar Morto.
[N.d.R.: Nuovi studi affermano che Qumran era solo un centro artigianale
e commerciale e che i rotoli furono portati nelle caverne nei pressi di
Qumran dai sacerdoti di Gerusalemme, prima della distruzione del tempio
(70 d.C.).] Questi 1.100 documenti antichi e 100.000 frammenti, più
vari rotoli completi e intatti, rappresentano porzioni di testo o il
testo intero di ogni libro dell'Antico Testamento in ebraico con
l'eccezione del libro di Ester. Circa 230 tra i manoscritti ritrovati
sono copie di libri dell'Antico Testamento. Prima della loro scoperta, i
manoscritti più antichi ancora esistenti della Bibbia ebraica
risalivano al 920 d.C. Alcune copie della traduzione greca della
Septuaginta risalivano al terzo secolo a.C., ma fino alla scoperta dei
rotoli del mar Morto nessun manoscritto ebraico era così antico.
A quel punto possedevamo Scritture ebraiche che potevano essere datate al primo o anche al secondo secolo a.C. Ancora più incredibile, questi rotoli del mar Morto dimostravano che la nostra Bibbia fu preservata con ammirevole esattezza per oltre due millenni. L'esempio migliore è una copia di Isaia la quale rivelò che, dopo un periodo di 1.000 anni di tradizione di ricopiatura testuale riguardo a una parte della nostra Bibbia corrente che ammonta a più di 100 pagine, soltanto tre parole in tutto il libro di Isaia presentano alcune differenze — e queste differenze sono solo delle variazioni di ortografia paragonabili, ad esempio, a una differenza tra l'italiano e il romanesco in «buono» e «bono».
A quel punto possedevamo Scritture ebraiche che potevano essere datate al primo o anche al secondo secolo a.C. Ancora più incredibile, questi rotoli del mar Morto dimostravano che la nostra Bibbia fu preservata con ammirevole esattezza per oltre due millenni. L'esempio migliore è una copia di Isaia la quale rivelò che, dopo un periodo di 1.000 anni di tradizione di ricopiatura testuale riguardo a una parte della nostra Bibbia corrente che ammonta a più di 100 pagine, soltanto tre parole in tutto il libro di Isaia presentano alcune differenze — e queste differenze sono solo delle variazioni di ortografia paragonabili, ad esempio, a una differenza tra l'italiano e il romanesco in «buono» e «bono».
04 Il dipinto di Ben Hasan
In un villaggio chiamato Beni Hasan, circa 240 chilometri a sud del
Cairo, sulla costa est del fiume Nilo, in una caverna fu trovato un
dipinto lungo 2,5 metri e alto 45 centimetri, risalente alla prima parte
del diciannovesimo secolo a.C. Conosciuto come il dipinto di Beni Hasan
mostra degli «Asiatici» (ma più precisamente, otto uomini, quattro
donne e tre bambini, guidati da due ufficiali egiziani) che entrano in
Egitto per vendere del trucco per gli occhi. Gli uomini portano lunghi
kilt variopinti che coprono il loro petto e una spalla, e hanno sandali
ai piedi. Ciascun uomo ha una folta capigliatura, una barba corta, ma
niente baffi.
Similmente, le donne hanno vestiti variopinti, ma questi vestiti sono molto più lunghi e non hanno frange in fondo. Le donne portano ai piedi anche una sorta di calzette che formano un tutt'uno con le suole e sul capo un cerchietto per tenere insieme i loro lunghi cappelli. Due asini, accompagnati da uno stambecco e da una gazzella, trasportano ciò che sembra un mantice sulle loro schiene. Gli uomini sono equipaggiati con ciò che sembrano otri di pelle per l'acqua, uno strumento musicale (la lira), e lance, archi e frecce. I kilt di tanti colori ci ricordano la tunica di tanti colori di Giuseppe (Genesi 37,3; vedi anche 2 Sam 13,18), e ci danno un'idea della cultura dei patriarchi e di come i loro contatti economici e politici con l'Egitto potevano apparire. È un'immagine affascinante della vita al tempo dei patriarchi.
Similmente, le donne hanno vestiti variopinti, ma questi vestiti sono molto più lunghi e non hanno frange in fondo. Le donne portano ai piedi anche una sorta di calzette che formano un tutt'uno con le suole e sul capo un cerchietto per tenere insieme i loro lunghi cappelli. Due asini, accompagnati da uno stambecco e da una gazzella, trasportano ciò che sembra un mantice sulle loro schiene. Gli uomini sono equipaggiati con ciò che sembrano otri di pelle per l'acqua, uno strumento musicale (la lira), e lance, archi e frecce. I kilt di tanti colori ci ricordano la tunica di tanti colori di Giuseppe (Genesi 37,3; vedi anche 2 Sam 13,18), e ci danno un'idea della cultura dei patriarchi e di come i loro contatti economici e politici con l'Egitto potevano apparire. È un'immagine affascinante della vita al tempo dei patriarchi.
05 La stele di basalto di Dan
La stele di basalto di Dan,
trovata nel 1993-1994, con su scritte le parole «casa di Davide», ci ha
fornito la prima evidenza extra-biblica della reale esistenza del re
Davide. Prima di ciò, era di moda scartare nella Bibbia le narrazioni su
Davide, considerandole propaganda sacerdotale che, durante la cattività
babilonese, tentava di dare a Israele una storia passata rispettabile.
Avraham Biran, dello «Hebrew Union College», scavando un sito nel nord d'Israele conosciuto come Dan, in un muro esterno, fatto di pietre, trovò un frammento di basalto di circa 30 centimetri d'altezza. Nello stesso muro un anno dopo, furono scoperti altri due pezzi più piccoli, anch'essi parte dell'iscrizione originaria. Quando le parole aramaiche furono tradotte dalla scrittura paleoebraica, ci si è trovati di fronte al primo riferimento extra-biblico relativo a re Davide.
Quest'annuncio ha spinto gli studiosi a dare un'altra occhiata alla pietra basaltica conosciuta come la Stele di Mesha, dal nome del re moabita Mesha, che fu trovata un secolo prima. Questo testo si lagnava di «Omri, re d'Israele», il quale aveva oppresso il regno di Moab, una terra a est del mar Morto e del fiume Giordano (1 Re 16,21-27). In una frase in parte frammentaria dell'Iscrizione di Mesha, uno studioso francese di nome Andre LeMaire aggiunse due lettere mancanti nelle originali 5 lettere ebraiche, in modo da poter leggere la «casa di Davide». La stele raccontava quindi la storia di come Mesha rimosse il giogo che la casa di Davide aveva imposto su Moab anni prima [LeMaire, «The House of David...», BAR (1994), pp. 30-37]. A quel punto c'erano due riferimenti a un Davide che qualcuno affermava non fosse mai esistito.
Avraham Biran, dello «Hebrew Union College», scavando un sito nel nord d'Israele conosciuto come Dan, in un muro esterno, fatto di pietre, trovò un frammento di basalto di circa 30 centimetri d'altezza. Nello stesso muro un anno dopo, furono scoperti altri due pezzi più piccoli, anch'essi parte dell'iscrizione originaria. Quando le parole aramaiche furono tradotte dalla scrittura paleoebraica, ci si è trovati di fronte al primo riferimento extra-biblico relativo a re Davide.
Quest'annuncio ha spinto gli studiosi a dare un'altra occhiata alla pietra basaltica conosciuta come la Stele di Mesha, dal nome del re moabita Mesha, che fu trovata un secolo prima. Questo testo si lagnava di «Omri, re d'Israele», il quale aveva oppresso il regno di Moab, una terra a est del mar Morto e del fiume Giordano (1 Re 16,21-27). In una frase in parte frammentaria dell'Iscrizione di Mesha, uno studioso francese di nome Andre LeMaire aggiunse due lettere mancanti nelle originali 5 lettere ebraiche, in modo da poter leggere la «casa di Davide». La stele raccontava quindi la storia di come Mesha rimosse il giogo che la casa di Davide aveva imposto su Moab anni prima [LeMaire, «The House of David...», BAR (1994), pp. 30-37]. A quel punto c'erano due riferimenti a un Davide che qualcuno affermava non fosse mai esistito.
06 L'epopea di Gilgamesh
La tavoletta numero 11 della storia contenuta in 12 tavolette e conosciuta come l'epopea di Gilgamesh,
è un altro racconto del diluvio, intitolato con il nome del personaggio
principale, il re Gilgamesh, il quale si presume abbia regnato sulla
città babilonese di Uruk nel 2600 a.C. circa. Quest'epopea, scritta con
lettere semitiche a forma di cuneo, conosciute come accadico cuneiforme,
ha tante impressionanti similitudini con la storia biblica di Noè di
Genesi 6-9, come pure altrettante differenze sostanziali. Sebbene fosse
stato Austen Henry Layard a scoprire letteralmente decine di migliaia di
tavolette a Ninive, che spedì in Inghilterra fino al 1851, fu George
Smith, un assistente del dipartimento assiro del «British Museum», che
scoprì nel 1872 la tavoletta numero 11 che parlava di un diluvio.
Siccome la tavoletta era rotta, Smith tornò a Ninive ed entro cinque
giorni, il 14 maggio 1873, trovò un'altra ta-voletta con le parti
mancanti.
Nell'epopea accadica, Gilgamesh viene a conoscenza del
diluvio grazie a un uomo di nome Utnapishtim. Egli sopravvisse al
diluvio perché un dio creatore di nome Ea lo aveva avvertito che sarebbe
venuto un diluvio e gli aveva detto di costruire una nave (come anche
il Noè della Bibbia, Genesi 6,2.13-17). La tempesta, che spazzò via il
resto dell'umanità, si concluse il settimo giorno e tutti scesero dalla
nave il dodicesimo giorno (a differenza di Genesi 7,24). Dopo che
l'imbarcazione di Utnapishtim si fermò sul monte Nisirin Kurdistan
(anziché sul Monte Ararat in Turchia), Utnapishtim mandò una colomba, un
passero e, infine, un corvo imperiale (vedi Genesi 8,3-11). Quando il
corvo imperiale non tornò, tutti abbandonarono la nave babilonese e
offrirono un sacrificio agli dèi (vedi Genesi 8,12-22). I due racconti
sembrano rappresentare eventi simili, ma l'epopea di Gilgamesh ha
numerose aggiunte mitiche e usa un tono completamente diverso dal
racconto biblico.
07 La piscina di Gabaon
Il sito della piscina di Gabaon,
menzionato in 2 Samuele 2,13 e Geremia 41,12, fu identificato per la
prima volta nel 1833 da parte di Edward Robinson nel villaggio
palestinese di el-Jib. Nel 1956-1960 James B. Pritchard condusse qui i
suoi scavi e confermò questa scoperta con 31 maniglie di giare, su cui è
scritta la parola ebraica equivalente a «Gabaon». Sembra che Gabaon
fosse un produttore ed esportatore di vini, cosa che richiedeva
provviste speciali di acqua, perché i mesi estivi non producevano
pioggia. Pritchard trovò due sistemi idrici separati: (1) una piscina o
cisterna che misura 11,3 metri in diametro, e (2) una galleria che
scende giù dall'interno delle mura della città fino a raggiungere una
cisterna appena fuori della città, alla base della collina.
La piscina di Gabaon fu scavata nella roccia calcare a una profondità di 25 metri, per così raggiungere il livello della falda idrica, con annessi una scala e un corrimano tagliati nel calcare che percorrono a chiocciola 11,3 metri in profondità, fino a raggiungere un livello pianeggiante a circa la metà della profondità complessiva. Da questo punto in poi, la scala scende giù in linea retta altri 14 metri fino al livello dell'acqua. Fu nei pressi di questa piscina che 12 degli uomini del re Davide, sotto il comando di Joab, affrontarono 12 degli uomini del re Saul, sotto il comando di Abner, in un incontro di lotta libera, in cui tutti e 24 morirono, reciprocamente afferrandosi per i capelli e trapassandosi con la spada.
La piscina di Gabaon fu scavata nella roccia calcare a una profondità di 25 metri, per così raggiungere il livello della falda idrica, con annessi una scala e un corrimano tagliati nel calcare che percorrono a chiocciola 11,3 metri in profondità, fino a raggiungere un livello pianeggiante a circa la metà della profondità complessiva. Da questo punto in poi, la scala scende giù in linea retta altri 14 metri fino al livello dell'acqua. Fu nei pressi di questa piscina che 12 degli uomini del re Davide, sotto il comando di Joab, affrontarono 12 degli uomini del re Saul, sotto il comando di Abner, in un incontro di lotta libera, in cui tutti e 24 morirono, reciprocamente afferrandosi per i capelli e trapassandosi con la spada.
08 Il sigillo di Baruk
Il sigillo di Baruk fu uno delle
250 bolli con iscrizione, o piccoli sigilli di terracotta, che sono
stati rinvenuti nel 1975 per mezzo di un commerciante arabo di antichità
di Gerusalemme est. Sebbene derivino senz'altro da uno scavo illecito
in Gerusalemme, sono importanti perché furono originalmente concepiti
per sigillare documenti o contenitori per prevenirne la manomissione.
Una piccola quantità di argilla morbida, attaccata a uno spago, veniva
bollata con un sigillo e lasciata poi indurire. La maggior parte dei
documenti e contenitori, ai quali furono attaccati tanti di questi
sigilli, fu distrutta in un incendio, ma i bolli sopravvissero e furono
preservati ancora meglio grazie al fuoco. Fra gli altri c'era un sigillo
che riportava il nome, «Berekhajahu [Baruk] figlio di Nerijahu [Neriah]
lo scriba» (Geremia 36,4.8.14; 45,1). Il suffisso su tutti e due i
nomi, -jahu, è una forma troncata di Jahweh [N.d.R.: Jahwè è riportato
nelle nostre Bibbie come «l'Eterno» o «il SIGNORE»]. Questo Baruk non fu
altro che il fiduciario e scriba personale del profeta Geremia
dell'Antico Testamento, il quale scrisse sotto dettatura del profeta e
si nascose insieme a Geremia mentre il re Joachim cercò di arrestarli
tutti e due (Geremia 36,26).
Un altro bollo in questo stesso gruppo contiene il nome di Ismaele, il quale assassinò Ghedalia (Geremia 40,7), il governatore che fu insediato dai Babilonesi dopo la caduta di Gerusalemme nel 587 a.C. Altri 51 bolli furono trovati sul pavimento della Casa dei Bolli. Fra i nomi registrati c'era un bollo di «Gemarjahu [Ghemaria] il figlio di Šafan», uno scriba che servì alla corte di re Jehojakim e che avvisò il re di non bruciare il rotolo che Geremia aveva scritto (Geremia 36,10-12.25-26). Sono stati ritrovati quasi 400 di questi bolli e appartengono al periodo dall'ottavo al sesto secolo a.C.
Un altro bollo in questo stesso gruppo contiene il nome di Ismaele, il quale assassinò Ghedalia (Geremia 40,7), il governatore che fu insediato dai Babilonesi dopo la caduta di Gerusalemme nel 587 a.C. Altri 51 bolli furono trovati sul pavimento della Casa dei Bolli. Fra i nomi registrati c'era un bollo di «Gemarjahu [Ghemaria] il figlio di Šafan», uno scriba che servì alla corte di re Jehojakim e che avvisò il re di non bruciare il rotolo che Geremia aveva scritto (Geremia 36,10-12.25-26). Sono stati ritrovati quasi 400 di questi bolli e appartengono al periodo dall'ottavo al sesto secolo a.C.
09 Sargon II re di Assiria
Una delle persone nominate nelle Scritture, ma la cui esistenza fu messa
in dubbio fino a quando la moderna archeologia biblica non l'ebbe
«scoperto», fu il re Sargon II di Assiria. Isaia era sicuro che fosse il
re di Assiria (Is 20,1), ma non era fra quelli trovati negli scavi
della capitale assira, Ninive. Tuttavia, nel 1843, Paul Emile Botta
scoprì che Sargon si era trasferito a Dur-Sharrukin (il moderno
Khorsabad), un sito vergine a circa 19 chilometri a nordest di Ninive,
dove cominciò la sua costruzione nel 717 a.C. Questa costruzione, avente
una lunghezza di 1,6 chilometri per ogni lato, non fu mai completata o
occupata prima della morte di Sargon, e fu abbandonato dai suoi
successori. Un'enorme statua di 25 tonnellate di un dio (in parte uomo e
in parte toro) era una delle tante che vigilavano all'ingresso della
stanza del trono in Khorsabad.
10 L'Obelisco nero del re assiro Salmaneser III
L'obelisco nero di Salmaneser III,
di ben 2 metri d'altezza, che fu trovato nel palazzo di nordovest in
Nimrud, commemorava le campagne di Salmaneser durante il suo regno. Sul
secondo pannello dall'alto si vede Jehu, il re d'Israele (2 Re 10,34),
inginocchiato davanti a Salmaneser (un evento noto da altra fonte e che
ha avuto luogo nell'anno 841 a.C.). Questo monumento è di enorme valore
storico, perché è l'unico elemento di prova extra-biblica in cui viene
raffigurato un personaggio storico delle Scritture. L'iscrizione sotto
l'immagine recita: «il tributo di Jehu (Ja-w-a), figlio di Omri
(Hu-um-ri); io ricevetti da lui argento, oro, una ciotola saplu dorata,
un vaso dorato con il fondo appuntito, dei bicchieri dorati, dei secchi
dorati, stagno, uno scettro da re, [e] un puruhtu di legno».
11 L'ossario di Caiafa
Il sommo sacerdote Caiafa, il quale servì come capo del Sinedrio dal 18
al 36 d.C., è conosciuto come colui che diede il cinico consiglio che
fosse meglio che morisse un solo uomo (cioè Gesù) invece che soffrisse
tutta la nazione (Giovanni 11,49-53). Infatti, fu lui che presiedette al
processo notturno di Gesù (Giovanni 18,14).
Nel 1990, a sud del Monte del Tempio, mentre dei lavoratori costruivano un acquapark nella «Foresta della Pace» in Gerusalemme, fu trovato per caso l'ossario di Caiafa, o urna per le ossa, in quello che alcuni considerano il cortile della casa di Caiafa, dove Pietro aspettò notizie su Gesù (Matteo 26,69-75).
Sull'ossario finemente decorato era incisa l'iscrizione trovata in due posti, «Qafa» e «Jehosef bar Qajafa», ossia «Caiafa» e «Giuseppe, figlio di Caiafa». Lo storico Flavio Giuseppe gli diede il nome completo come «Giuseppe, il quale è chiamato Caiafa dal sommo sacerdozio». All'interno dell'ossario c'erano le ossa di sei persone, incluso un uomo di 60 anni, probabilmente Caiafa. Questa fu una scoperta straordinaria.
Nel 1990, a sud del Monte del Tempio, mentre dei lavoratori costruivano un acquapark nella «Foresta della Pace» in Gerusalemme, fu trovato per caso l'ossario di Caiafa, o urna per le ossa, in quello che alcuni considerano il cortile della casa di Caiafa, dove Pietro aspettò notizie su Gesù (Matteo 26,69-75).
Sull'ossario finemente decorato era incisa l'iscrizione trovata in due posti, «Qafa» e «Jehosef bar Qajafa», ossia «Caiafa» e «Giuseppe, figlio di Caiafa». Lo storico Flavio Giuseppe gli diede il nome completo come «Giuseppe, il quale è chiamato Caiafa dal sommo sacerdozio». All'interno dell'ossario c'erano le ossa di sei persone, incluso un uomo di 60 anni, probabilmente Caiafa. Questa fu una scoperta straordinaria.
12 L'iscrizione col nome di Ponzio Pilato
L'iscrizione col nome di Ponzio Pilato
si trova su un monumento del primo secolo che fu riutilizzato per un
progetto di rifacimento del quarto secolo. Tuttavia, sembra che fu
scritto per commemorare l'inaugurazione da parte di Pilato di un tempio
per l'adorazione di Tiberio Cesare durante il periodo di governo di
Pilato in Giudea.
Ponzio Pilato governò sulla Giudea dal 26 al 36 d.C. Fu durante questo periodo che incontrò Gesù di Nazareth nel famoso incontro in cui Pilato domandò: «Che cos'è la verità?» (Giovanni 18,36-38). L'iscrizione in Latino di quattro righe dà a Pilato il titolo di «Ponzio Pilato, Prefetto di Giudea». Ancora una volta, qui c'è un'evidenza esterna da parte dell'archeologia che dimostra che il racconto degli Evangeli fu scritto durante il periodo in cui gli eventi ebbero luogo, perché i titoli di questo tipo tendono ad andare dimenticati col tempo.
Ponzio Pilato governò sulla Giudea dal 26 al 36 d.C. Fu durante questo periodo che incontrò Gesù di Nazareth nel famoso incontro in cui Pilato domandò: «Che cos'è la verità?» (Giovanni 18,36-38). L'iscrizione in Latino di quattro righe dà a Pilato il titolo di «Ponzio Pilato, Prefetto di Giudea». Ancora una volta, qui c'è un'evidenza esterna da parte dell'archeologia che dimostra che il racconto degli Evangeli fu scritto durante il periodo in cui gli eventi ebbero luogo, perché i titoli di questo tipo tendono ad andare dimenticati col tempo.
13 La piscina di Siloe
La piscina in cui Gesù guarì il cieco (Giovanni 9,1-51) era la piscina
di Siloe. Nel periodo bizantino, l'Imperatrice Eudocia (ca. 400-460
d.C.) costruì una chiesa (sopra la quale adesso c'è una moschea) e una
piscina dove l'acqua emergeva dalla galleria di Ezechia. Durante il
periodo in cui ci si attendeva un assedio assiro, Ezechia, re di Giuda,
fece costruire una galleria di 533 metri, partendo dalla sorgente del
Ghihon [N.d.R.: cfr. 2 Cr 32,30]; fu così che due squadre di operai,
partendo dai lati opposti della galleria si incontrarono, in qualche
modo misterioso, a metà nel profondo sotterraneo — un'impresa
commemorata da una targa chiamata «L'iscrizione di Siloe» (ora
conservata nel Museo di Istanbul). L'acqua scorse dalla galleria di
Ezechia allapiscina di Siloe (Geremia 8,6; Nehemia 3,15).
Nel giugno del 2004, comunque, divenne chiaro che il sito bizantino del quarto secolo cristiano non era il sito della piscina di Siloe dei giorni di Gesù. Mentre alcuni operai stavano lavorando per riparare un tubo della fognatura di Gerusalemme, gli archeologici Ronny Reich e Eli Shukron osservarono, non lontano dalla fine della galleria di Ezechia, un tratto di scale discendenti, ciascuno di cinque gradini e che misurava 69 metri di lato. Utilizzando un rilevatore di metalli, gli archeologici scoprirono quattro monete nell'intonaco, utilizzato nella prima fase della piscina, datata verso la fine del periodo asmoneo o all'inizio del periodo di Erode (103-37 a.C.). Nella seconda fase, è stata trovate una dozzina di monete del periodo della prima rivolta giudaica, la quale durò dal 66 al 70 d.C., con la dicitura degli anni 2, 3 e 5 della rivolta. Ci sono pochi dubbi che questa era la piscina di Siloe, dove Gesù mandò il cieco a lavarsi prima di essere guarito (Giovanni 9,1-12).
Nel giugno del 2004, comunque, divenne chiaro che il sito bizantino del quarto secolo cristiano non era il sito della piscina di Siloe dei giorni di Gesù. Mentre alcuni operai stavano lavorando per riparare un tubo della fognatura di Gerusalemme, gli archeologici Ronny Reich e Eli Shukron osservarono, non lontano dalla fine della galleria di Ezechia, un tratto di scale discendenti, ciascuno di cinque gradini e che misurava 69 metri di lato. Utilizzando un rilevatore di metalli, gli archeologici scoprirono quattro monete nell'intonaco, utilizzato nella prima fase della piscina, datata verso la fine del periodo asmoneo o all'inizio del periodo di Erode (103-37 a.C.). Nella seconda fase, è stata trovate una dozzina di monete del periodo della prima rivolta giudaica, la quale durò dal 66 al 70 d.C., con la dicitura degli anni 2, 3 e 5 della rivolta. Ci sono pochi dubbi che questa era la piscina di Siloe, dove Gesù mandò il cieco a lavarsi prima di essere guarito (Giovanni 9,1-12).
14 L'altare a corni di Beer-šeba
Ai limiti meridionali dell'antico Israele («da Dan a Beer-šeba») fu
trovata a Beer-šeba una quantità di grosse pietre sapientemente
lavorate, le quali furono riutilizzate per un muro della fine
dell'ottavo secolo a.C. L'altare a corni di Beer-šeba, una volta
ricostruito, misurava 160 centimetri in altezza, 160 centimetri in
lunghezza e 160 centimetri in larghezza, anche se altri sassi trovati in
un secondo momento suggeriscono che poteva essere fino a 2,7 metri in
lunghezza. Le sporgenze appuntite o «corni» (cfr. Esodo 29,12 o 1 Re
1,51; 2,28) coincidevano con la descrizione biblica di un altare, ma
l'uso di pietre squadrate non corrispondeva alle istruzioni bibliche
(Esodo 20,25). Per di più, l'altare aveva l'immagine di un serpente su
una delle pietre e i sacrifici furono offerti sull'altare perché le
pietre, che formavano la superficie superiore, erano annerite. Anche se
c'è stata una controversia enorme per quanto riguarda il luogo
originario dell'altare, tutti sono concordi che esso ci dà una chiara
immagine di un luogo illegittimo per i sacrifici. Infatti, Amos 5,5;
8,14 sembra dire che Beer-šeba fu sede di un'adorazione pagana, dove
forse esisté un santuario scismatico.
15 Il cilindro di Ciro
Come ultimo esempio in questo gran numero di scoperte che dimostrano
l'affidabilità della testimonianza biblica riguardo alla sua esattezza
storica, abbiamo scelto il cilindro di Ciro. Questa raccolta di editti
di tale re persiano, disposta su un cilindro, coincide bene con ciò che
troviamo nei libri di Esdra (1,2-4) e 2 Cronache (36,22-23). Il re Ciro
diede il merito al suo dio Marduk per averlo scelto e per avergli dato
il compito di regnare sul mondo. Il profeta Isaia l'avrebbe espresso in
termini teologici leggermente diversi, perché in Isaia 45,1 Dio chiamò
Ciro per nome, molto prima della sua nascita, e dichiarò: «Egli adempirà
tutta la mia volontà» (Isaia 44,28).
In modo ancora più significativo, però, il cilindro annunciò la politica persiana di Ciro verso i popoli prigionieri, come gli Israeliti in esilio. A ognuno di questi popoli in esilio fu concesso di tornare nella loro rispettiva patria, dove per loro sarebbero stati eretti santuari stabili. Ciò è in accordo con la profezia in Isaia 44,24-28. serve apologeticamente per difendere le Scritture.
Ci sarebbe certamente ancora molto da raccontare, ma già i 15 esempi riportati dovrebbero bastare per aiutarci a capire che l'archeologia biblica è viva e vegeta. Essa è servita come meraviglioso strumento interpretativo per spiegare lo sfondo, le abitudini, la cultura e i dettagli dei tempi in cui ogni scoperta fu collocata. In ogni modo, una sorpresa inaspettata è stata il fatto che l'archeologia biblica è servita anche apologeticamente per difendere le Scritture, anche se ciò non è stato la sua spinta motivazionale o il suo obiettivo principale. Infatti, i risultati continuano ad arrivare fino a oggi e alcuni potrebbero essere stati annunciati anche mentre pubblicavamo quest'articolo."
In modo ancora più significativo, però, il cilindro annunciò la politica persiana di Ciro verso i popoli prigionieri, come gli Israeliti in esilio. A ognuno di questi popoli in esilio fu concesso di tornare nella loro rispettiva patria, dove per loro sarebbero stati eretti santuari stabili. Ciò è in accordo con la profezia in Isaia 44,24-28. serve apologeticamente per difendere le Scritture.
Ci sarebbe certamente ancora molto da raccontare, ma già i 15 esempi riportati dovrebbero bastare per aiutarci a capire che l'archeologia biblica è viva e vegeta. Essa è servita come meraviglioso strumento interpretativo per spiegare lo sfondo, le abitudini, la cultura e i dettagli dei tempi in cui ogni scoperta fu collocata. In ogni modo, una sorpresa inaspettata è stata il fatto che l'archeologia biblica è servita anche apologeticamente per difendere le Scritture, anche se ciò non è stato la sua spinta motivazionale o il suo obiettivo principale. Infatti, i risultati continuano ad arrivare fino a oggi e alcuni potrebbero essere stati annunciati anche mentre pubblicavamo quest'articolo."
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