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venerdì 28 aprile 2017

Matteo, Capitolo 6, Versetto 13b



ma liberaci dal male. Amen.

Agostino: Bisogna pregare non solo per non essere indotti nel male di cui siamo privi, ma anche perché siamo liberati da quello in cui siamo già stati indotti.

Agostino: Qualunque siano le altre parole che noi diciamo, sia che la nostra pietà nella preghiera le emetta prima in modo da esprimere meglio il proprio sentimento, sia che le aggiunga dopo per aumentarlo, noi non diciamo nulla che non sia contenuto nella preghiera del Signore, se preghiamo bene e come si deve. Infatti colui che dice (Sir 36,4): << Glorificati in mezzo alle nazioni come ti sei glorificato in noi>>, che cosa dice di più che: Sia santificato il tuo nome? Chi dice (Sal 79,4) <<Mostra il tuo volto e saremo salvi>>, che cosa dice se non: Venga il tuo regno? Chi dice (Sal. 118,113): <<Dirigi i miei passi secondo la tua parola>>, che altro dice se non: Sia fatta la tua volontà? Chi dice (Pr 30,8): <<Non darmi né povertà né ricchezza>>, che cosa dice se non: Dacci oggi il nostro pane quotidiano? Chi dice (Sal 131,1): <<Ricordati Signore di Davide e di tutta la sua mansuetudine>> e (Sal 7,5): <<Se ho restituito il male ricevuto>>, che altro dice se non: Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori? Chi dice (Sir 23,6): <<Togli da me le concupiscenze del ventre>>, che altro dice se non: Non ci indurre in tentazione? Chi dice (Sal 58,2): << Strappami dai miei nemici, Dio mio>>, che altro dice se non: Liberaci del male? E se esamini le parole di tutte le sante preghiere, non troverai nulla che non sia contenuto in questa preghiera del Signore. […]

Agostino: Il numero delle domande sembra corrispondere anche al settenario delle beatitudini. Se infatti il timore di Dio è quello per cui diventano beati i poveri in spirito poiché di essi è il regno dei cieli, chiediamo che sia santificato negli uomini il nome di Dio, con il timore pure che dura nei secoli dei secoli. Se la pietà è quella per cui sono beati i miti, chiediamo che venga il suo regno per diventare miti, e non resistere a lui. Se la scienza è quella per cui sono beati coloro che piangono, preghiamo perché si faccia la sua volontà come in cielo così in terra: poiché, se il corpo obbedirà allo spirito come la terra al cielo, non piangeremo. Se la fortezza è quella per cui sono beati quelli che hanno fame, preghiamo perché ci sia dato oggi il nostro pane quotidiano, mediante il quale possiamo giungere alla perfetta sazietà. Se il consiglio è quello per cui sono beati i misericordiosi poiché troveranno misericordia, rimettiamo i debiti, affinché siano rimessi i nostri debiti. Se l’intelletto è quello per cui sono beati i puri di cuore, preghiamo per non essere indotti in tentazione, per non avere un cuore doppio, seguendo le cose temporali e terrene, da cui vengono a noi le tentazioni. Se la sapienza è quella per cui sono beati i pacifici poiché saranno chiamati figli di Dio, preghiamo di essere liberati dal male: infatti la stessa liberazione ci renderà liberi figli di Dio.  


giovedì 27 aprile 2017

Matteo, Capitolo 6, Versetto 13a



e non ci indurre in tentazione,

Agostino: Alcuni codici hanno: e non portarci dentro la tentazione, il che mi sembra avere lo stesso significato, poiché entrambi i verbi traducono il termine greco. Molti poi, interpretando, dicono così: non permettere che siamo indotti in tentazione, spiegando il significato dell’espressione <<non indurci>>. Infatti Dio non induce direttamente, ma permette che sia indotto colui che priva del suo aiuto.

Agostino: Altro infatti è essere indotti in tentazione, altro essere tentati: infatti senza tentazione nessuno può essere provato, né di fronte a se stesso né di fronte agli altri; davanti a Dio invece ognuno è conosciutissimo prima di ogni tentazione. Quindi qui non si prega per non essere tentati, ma perché non siano indotti nella tentazione: così uno quando deve essere esaminato nel fuoco, non prega perché non ci sia il fuoco, ma perché non sia bruciato. Siamo indotti infatti se accadono delle cose che non possiamo sopportare.
Quando dunque diciamo: Non ci indurre in tentazione, siamo avvisati di chiedere che, privati del suo aiuto, non acconsentiamo ingannati a qualche tentazione o non vi cediamo desolati.

Cipriano: Con ciò veniamo avvertiti intorno alla nostra infermità e debolezza, affinché uno non si innalzi in modo insolente: così che, mentre si presenta l’umile e sottomessa confessione e viene dato a Dio tutto ciò che è chiesto in modo supplice, veniamo soccorsi dalla sua pietà.

Agostino: […] Dio dunque ha voluto che venisse chiesto a lui di non essere indotti in tentazione, cosa che poteva concederci anche senza la nostra preghiera, perché volle ricordarci da chi riceviamo i benefici. La Chiesa faccia attenzione, dunque, alle sue preghiere quotidiane: essa prega perché gli increduli credano, poiché è Dio che converte alla fede; prega perché i credenti perseverino: è Dio infatti che dà la perseveranza sino alla fine.

sabato 22 aprile 2017

Matteo, Capitolo 6, Versetto 12



e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori,

Cipriano: Dopo il sussidio del cibo si chiede anche il perdono del peccato, così che chi è nutrito da Dio viva in Dio; affinché non ci si preoccupi solo della vita presente, ma anche di quella eterna, alla quale si può giungere se vengono condonati i peccati, che il Signore ha chiamato debiti, come altrove dice (Mt 18,32): <<Ti ho condonato tutto il debito poiché ma l’hai chiesto>>. Per cui segue: Rimetti a noi i nostri debiti. Perciò necessariamente e salutarmente siamo ammoniti, essendo peccatori, sul fatto che dobbiamo pregare per i peccati; e affinché uno non si compiaccia credendosi innocente, e insuperbendosi vada maggiormente in rovina, viene istruito sul fatto che pecca ogni giorno, dovendo ogni giorno pregare per i peccati. 

Cipriano: Chi dunque ci ha insegnato a pregare per i peccati ha promesso la paterna misericordia; ma chiaramente ha aggiunto la norma che ci obbliga sotto la determinata condizione di chiedere il perdono dei nostri debiti secondo che anche noi li rimettiamo ai nostri debitori.

Crisostomo: Con quale speranza dunque prega chi conserva l’inimicizia verso un altro, da cui forse è stato danneggiato? Come infatti lo stesso orante mente, poiché dice: rimetto, e non rimette, così chiede a Dio il condono e non lo riceve. Ma molti che non vogliono perdonare a chi li ha offesi, rifuggono dal dire questa preghiera. Stolti! Primo, perché chi non prega come Cristo ha insegnato non è discepolo di Cristo; secondo, perché il Padre non esaudisce volentieri una preghiera che il figlio non ha dettato: infatti il Padre conosce i pensieri e le parole del suo figlio, e non ricevere ciò che l’abuso umano ha escogitato, ma ciò che ha esposto la sapienza di Cristo.

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