Uno dei dettagli più indagati dei Vangeli riguarda
l’astro di cui scrive san Matteo. Abbiamo già raccolto elementi
comprovanti che l’eclisse di Luna che Giuseppe Flavio associa alla morte
di Erode, successiva alla nascita di Gesù, non è quella del 4 a.C.
bensì la seconda di quelle del 1 a.C. L’astronomia oltre alle eclissi
lunari ci fornisce altri indizi. La stella che i Magi vedono apparire
nel cielo d’oriente e che li spinge a partire alla volta della Palestina
non è affatto mitologica.
Il vocabolo greco usato nel Vangelo è astron
e intende in generale una stella o un fenomeno della volta celeste.
Studiosi di ogni epoca hanno formulato ipotesi di quale fosse questo
evento.
Le principali sono:
1- una cometa:
una famosa solcò il cielo intorno al 12 a.C., ipotesi troppo lontana
dal tempo presunto di data di nascita di Gesù, ma che incise
profondamente sull’iconografia; se nelle raffigurazioni della prima età
cristiana prevaleva l’immagine della stella, dal Medioevo prevalse
quella della cometa: tra i primi a raffigurarla fu Giotto, impressionato
al suo tempo dalla vista di quella di Halley.
2- una supernova:
si verifica quando una stella giunge agli ultimi momenti della sua vita
ed emanando una fortissima luce può rischiarare fino a sembrare,
temporaneamente, un secondo sole. Secondo le antiche cronache cinesi
delle Ventiquattro storie, una supernova brillò nel cielo
intorno al 5 a.C., una data vicina a quella della nascita di Gesù e
potrebbe essere stata visibile in tutto il Medioriente. Ipotesi
suggestiva, ma il Vangelo parla di un astro che «sorse a oriente e
precedeva i Magi guidandoli lungo il cammino», quindi con una durata e
un movimento incompatibili con un lungo viaggio.
3- una tripla congiunzione planetaria potrebbe essere il fenomeno definito
da Matteo come stella: una molto spettacolare si è verificata nel 7
a.C. (la congiunzione è definita tale quando per tre volte in un anno i
pianeti interessati sono vicini). Tanto per rendere l’idea, quando in
cielo c’è la distanza di un grado, vuol dire che l’osservatore vede due
stelle lontane un diametro di Luna (e non è poco). Per parlare di
congiunzioni e addirittura sovrapposizioni (con un potenziale
"effetto-cometa") bisogna essere nell’ordine di distanze non superiori
al decimo di grado. Il fenomeno dura poco tempo, ma può ripetersi ed
essere calcolato e previsto. Vittorio Messori ha riportato nel suo
celebre Ipotesi su Gesù che, secondo antichi documenti
astronomici babilonesi facenti parte dell’Almanacco di Sippar, tale
congiunzione si verificò tra i pianeti Giove e Saturno nel 7 a.C.: i due
pianeti erano visibili dopo il tramonto e il loro allineamento molto
spettacolare per la forte illuminazione del cielo (fenomeno che si
verifica ogni 800 anni circa, e che fu visto anche da Giovanni Keplero a
Praga nel 1603). Verso la fine del 7 a.C. tale congiunzione coinvolse
anche Marte e si concluse nei primi mesi del 6 a.C.
La terza ipotesi appare la più confacente,
ma la data del 7-6 a.C. non esaurisce le sue possibilità di essere
accreditata. Infatti ci fu una serie di congiunzioni planetarie che si
verificarono tra il 3 ed il 2 a.C. (verificabili ancor oggi con un
qualsiasi software astronomico, disponibile persino su internet):
a) la congiunzione di Giove e Venere il 12 agosto del 3 a.C;
b) il 14 settembre Giove si congiunse con Regolo;
c) la cosa si riverificò il 17 febbraio del 2 a.C.;
d) la spettacolare congiunzione del 17 giugno 2 a.C. tra Giove e Venere nella costellazione del Leone;
e) il 27 agosto del 2 a.C. addirittura Giove, Venere, Marte e Mercurio si congiunsero nella costellazione del Leone;
f) dal 12 agosto del 3 a.C. Giove è sempre presente: è il pianeta dei re, è molto visibile: ebbene, (scherzi dell’astronomia?), proprio attorno al 25 dicembre del 2 a.C. Giove inverte il proprio moto rispetto alle stelle fisse più vicine, in pratica "fermandosi" in cielo. Per un astronomo sono tra le più appariscenti degli ultimi tremila anni: le congiunzioni planetarie hanno la caratteristica di un movimento apparente particolare nella volta celeste, per effetto del corso dei pianeti distinto rispetto al moto delle stelle fisse. Ci torneremo più in dettaglio.
b) il 14 settembre Giove si congiunse con Regolo;
c) la cosa si riverificò il 17 febbraio del 2 a.C.;
d) la spettacolare congiunzione del 17 giugno 2 a.C. tra Giove e Venere nella costellazione del Leone;
e) il 27 agosto del 2 a.C. addirittura Giove, Venere, Marte e Mercurio si congiunsero nella costellazione del Leone;
f) dal 12 agosto del 3 a.C. Giove è sempre presente: è il pianeta dei re, è molto visibile: ebbene, (scherzi dell’astronomia?), proprio attorno al 25 dicembre del 2 a.C. Giove inverte il proprio moto rispetto alle stelle fisse più vicine, in pratica "fermandosi" in cielo. Per un astronomo sono tra le più appariscenti degli ultimi tremila anni: le congiunzioni planetarie hanno la caratteristica di un movimento apparente particolare nella volta celeste, per effetto del corso dei pianeti distinto rispetto al moto delle stelle fisse. Ci torneremo più in dettaglio.
Erode e i Magi potrebbero essersi incontrati a fine dicembre.
Successivamente Giuseppe avrebbe portato la sua famiglia in Egitto,
mentre Erode, già nel 1 a.C., scatenava l’eccidio dei bambini fino a due
anni, giacché era trascorso ancora qualche mese e proprio perché i Magi
dovevano avergli dettagliatamente raccontato delle congiunzioni astrali
da loro osservate nel 3 e nel 2 a.C.. Erode morì poco dopo, tra
un’eclisse di luna e la pasqua successiva, come descritto da Giuseppe
Flavio.
Le ipotesi relative alla data di nascita di Gesù possono essere svariate,
ma non così misteriose da non essere verificabili tanto da scartare le
inverosimili e individuare quella certa. L’enigma continua a tormentare
gli studiosi e gli uomini di ogni epoca in cerca della Verità,
simboleggiati dai Magi, pellegrini di una Verità che li chiama a
verificare il proprio sapere razionale pur non avendo ancora conoscenza
della realtà che li muove. Questa Verità ci sfugge dalle mani e ci
obbliga a riflettere sul significato stesso della nostra esistenza e su
come sia possibile che Dio si sia fatto carne e sia venuto a stare in
mezzo a noi, condividendo i dolori dell’umana esistenza. L’ha fatto,
spiegherà poi Gesù, per salvare con il Suo sacrificio un’umanità
perduta; si è manifestato nelle vesti di un bambino. Dio si è
manifestato in silenzio; tale, per chi ci crede è la Sua grandezza.
Impariamo dai Magi che dicono di essere venuti ad adorarlo.
Adesso abbiamo una traccia misteriosa per l’avvento di Dio nella storia.
Per capirne meglio tutta la sensatezza, riprendo più diffusamente la
quarta e ultima delle ipotesi astronomiche avanzate. I più curiosi
possono verificare la descrizione che segue ricorrendo in Internet al
planetario virtuale di Skyglobe.
Agosto del 3 a.C:
il mattino presto nel cielo della Persia è possibile osservare Giove e
Venere brillare allineati a Regolo. Giove simboleggia il re, mentre una
stella fissa, Regolo, il piccolo re, è anche una delle stelle più
luminose, nella costellazione del Leone, ancora simbolo di regalità e
simbolo di Israele. Il mattino del 12 agosto i due pianeti si
"congiungono" (a ¼ di grado, meno di mezza Luna), a oriente.
Tra il 6 e il 9 settembre, a sera, Venere si congiunge a Mercurio (il
messaggero degli dèi), mentre il 14 settembre Giove si congiunge a
Regolo. I pianeti e la stella regale appaiono uniti, ben visibili alla
competenza degli astronomi di quei tempi. Giove continua il suo
movimento verso est nella costellazione del Leone ancora per qualche
giorno, poi "si ferma" e comincia muoversi in direzione opposta (questo
movimento è dovuto alla Terra, che muovendosi più velocemente di Giove
attorno al Sole crea un effetto sorpasso). Il movimento retroverso di
Giove riporta questo pianeta (allora considerato stella) a tornare
presso Regolo il 17 febbraio del 2 a.C. (sera), per poi proseguire verso
ovest, fermarsi e poi riprendere il movimento verso est, ritrovando
Regolo il giorno 8 maggio (date espresse nel calendario giuliano).
Difficilmente degli astronomi, per di più con qualche convinzione messianica,
avrebbero trascurato simbologie così portentose del cielo, che
suggerivano una nascita, un re e la terra di Giuda, dal momento che lo
sfondo di questi fatti era la costellazione del Leone. Inoltre, durante
questi mesi, la costellazione del Leone, in cui c’è Giove, è visibile in
un movimento apparente verso ovest, finchè, a giugno, la scena è a
ovest dopo il tramonto, in direzione della Palestina per chi abitava in
Persia. Per chi scruta il cielo e conosce qualche sacro testo, il
messaggio è quello di un re e un popolo, la tribù di Giuda.
Il 17 giugno del 2 a.C. Venere e Giove, guardando a ovest dalla Persia,
sono nuovamente tecnicamente congiunti. Sono ad uno straordinario 1/50°
di grado, sembrano fusi in una evidente formazione luminosa. Regolo
viene sovente occultato dalla Luna e, più raramente, anche dai pianeti.
In effetti è una situazione molto particolare e senza precedenti.
Avvicinandosi a Giove, Venere si congiunge ricordando agli osservatori
quello che avevano già visto meno di un anno prima.
Il 27 agosto del 2 a.C. molti pianeti si avvicinarono ancora.
Dal 23 settembre Giove entrò nella costellazione della Vergine, sopra
alla stella fissa di Zavijava. Per gli eruditi astrologi babilonesi,
istruiti alle credenze zoroastriste e non ignari delle profezie ebraiche
(dopo la deportazione di Nabucodonosor) furono segnali decisivi. Tutti
richiami a una nascente regalità: in Giove poteva essere riconosciuta la
stella predetta nello Zend Avesta, una raccolta di testi cultuali e
componimenti di Zoroastro in persona (vissuto nel VI secolo a.C. e noto
anche al profeta Daniele ai tempi della deportazione degli ebrei a
Babilonia). Zend Avesta fa anche riferimento a una vergine e i Magi non
dovevano essere ignari né della profezia delle settanta settimane di
Daniele (in anni il periodo più o meno tornava), né del messianismo
ebraico, considerando anche il passo di Numeri 24, 17 con la profezia di
Balaam.
Quando per i Magi è tempo di partire per la Giudea,
la strada da percorrere è la classica, che risale l’Eufrate per aver
acqua e poi scende ad Antiochia o a Damasco, in un percorso già comune
ad Abramo e Giacobbe e più recentemente a Esdra (cap.7). In un percorso
che non possiamo certo pensare in linea d’aria, significa sorbirsi a
dorso di cammello dai 1200 ai 1400 chilometri di carovana. Esdra (come
si può leggere nel libro omonimo) impiegò quattro mesi, movendosi però
in massa. Il viaggio di un manipolo di uomini ben organizzati e spinti
dall’urgenza, possiamo ben immaginarlo molto più breve.
Tenendoci aperte tutte le possibilità, la partenza può aver avuto luogo in
un arco di tempo da fine settembre (quando Giove fu nella costellazione
della Vergine, e dopo aver studiato, dibattuto ed organizzato il
viaggio), a fine novembre (immediatamente a ridosso della nascita di
Gesù). I Magi potrebbero benissimo essersi mossi anche dopo la nascita
di Gesù: dieci ore al giorno di cammino, a tappe forzate, in tardo
autunno/inizio inverno, disponendo di mezzi di prim’ordine (erano re) e
forse di uomini al servizio, avrebbero permesso di percorrere in un mese
fino a 1500 km, distanza sufficiente a raggiungere la meta prefissata
partendo dalla Mesopotamia.
Giove fu la stella che essi osservarono dalla fine dell’estate,
nei loro Paesi d’origine, fino a Gerusalemme e Betlemme. Il pianeta del
Re stette sempre davanti a loro guardando verso la Giudea. Per sei
settimane salì nella volta celeste, il 6 novembre toccò Zaniah, a metà
novembre arrivò allo zenit e muoveva ancora verso ovest. Giove era
adesso tra due stelle fisse, Zaniah e Porrima, preziosi punti di
riferimento astrale. Giove poi avanzò lentamente verso Porrima fino al
18 dicembre, poi si fermò qualche giorno prima di tornare indietro verso
Zaniah. I Magi videro "fermarsi" Giove (rispetto ai 2 punti fissi del
firmamento costituito dalle 2 stelle della costellazione della Vergine),
nel punto più occidentale tra il 20 e il 30 dicembre del 2 a.C.: stava
nel meridiano a sud di Gerusalemme, apparendo così sopra Betlemme, a 65°
sopra l’orizzonte meridionale.La “fermata” della stella coincise con
gli stessi giorni del solstizio d’inverno, il giorno in cui la luce
torna a prevalere sulle tenebre. Il bambino era già nato da alcuni
giorni, probabilmente quando gli ebrei celebravano la loro festa della
luce, hanukkah (quell’anno tra il 20 e il 27-28 novembre, cioè tra il 25
di kislev e il 2 o il 3 di tevet).
Abbiamo così l’anno (il 2 a.C.), la stagione (fine autunno/inizio inverno), la stella (Giove),
la festa (hanukkah), la data degli eventi: fine novembre/fine dicembre.
Sono logici tutti i riferimenti (vicenda di Zaccaria, Erode vivo, primo
censimento di Quirinio, nascita degli agnelli e pastori a vegliere di
notte, tempo di viaggio dei Magi, tragica scelta di Erode di uccidere i
bambini fino a due anni di età). San Matteo e San Luca sono credibili,
verosimili, coerenti tra loro. Non così i critici faciloni nel
biasimarli...
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