Nicola Tavelic nacque a Sibenik in Dalmazia durante la prima metà
del xiv secolo e divenne francescano a Rivotorto, nei pressi di Assisi.
Fu inviato in missione in Bosnia, dove una setta denominata dei
bogomili stava predicando una versione eretica del credo cristiano, che
persino alcuni vescovi accettarono. Il compito di riportare la vera fede
fu affidato ai frati domenicani e francescani.
Nicola ebbe un
particolare successo in Bosnia e sulle coste dalmate per venti anni,
prima di essere inviato missionario in Palestina.
Nel 1219 S.
Francesco d'Assisi (4 ott.) aveva intrapreso personalmente una missione
in Terra Santa; sgomentato dalla dissolutezza e dalla presunzione dei
crociati, aveva attraversato le linee nemiche, correndo un grande
pericolo, per cercare di incontrare il sultano, e aveva ottenuto per i
francescani la custodia dei luoghi santi. Quando Nicola si unì a loro,
l'ottava e ultima crociata era terminata da lungo tempo e Gerusalemme si
trovava nelle mani dei saraceni.
Nicola studiava e pregava
insieme con altri tre francescani: Pietro di Narbona, Deodato di Rodez
in Aquitania e Stefano di Cuneo. Il piccolo gruppo, un croato, due
francesi e un italiano, giunse alla conclusione che l'ingiunzione del
Signore di andare e predicare a tutte le nazioni doveva essere presa
letteralmente e che dovevano portare il Vangelo anche ai musulmani.
L'11 novembre 1391 andarono a trovare il Qadi, il giudice civile dei
saraceni a Gerusalemme. «Siamo venuti» dissero «inviati non da un uomo,
ma da Dio che si è degnato di ispirarci di venire a insegnarvi la verità
e la via della salvezza.»
Il Qadi fu dapprima meravigliato e
poi adirato per la «sfrontatezza degli infedeli», in particolare quando
non attenuarono le parole contro la sua religione: «Siete in una
condizione di eterna dannazione, poiché la vostra legge non è di Dio,
non viene da lui e non è nemmeno una buona legge; infatti è veramente
iniqua. [...] Contiene molte menzogne, cose impossibili, ridicole,
contraddittorie e che conducono non al bene o alla virtù, ma al male e
ai vizi».
Furono parimenti aspri contro la persona di
Maometto, che definirono «un libertino, assassino, ingordo e predatore,
che ha posto nel mangiare, nel vestirsi e nel frequentare le prostitute
il fine della vita dell'uomo».
Il Qadi ordinò di ritrattare
tutto, minacciando i quattro con la pena di morte. Essi rifiutarono,
affermando che erano pronti a soffrire qualsiasi tortura e la morte per
la fede cattolica. Furono, quindi, flagellati, gettati in prigione e,
quattro giorni dopo, bruciati pubblicamente sul rogo.
P.
Gerardo Calveti, superiore della Custodia di Terra Santa dal 1388 al
1398, riportò i nomi e le loro dichiarazioni in una commovente
testimonianza del loro martirio.
La canonizzazione doveva
essere promulgata nel 1941, durante la celebrazione dei milletrecento
anni della conversione della Croazia, ma la seconda guerra mondiale lo
impedì. Il decreto è stato emesso da Paolo VI il 21 luglio 1970.
MARTIROLOGIO ROMANO. A
Gerusalemme, santi Nicola Taveli , Deodato Aribert, Stefano da Cuneo e
Pietro da Narbonne, sacerdoti dell’Ordine dei Minori e martiri, che
furono arsi nel fuoco per aver predicato coraggiosamente nella pubblica
piazza la religione cristiana davanti ai Saraceni, professando con
fermezza Cristo Figlio di Dio.
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