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sabato 7 marzo 2020

Storia della Reliquia dell'Avambraccio di San Tommaso d'Aquino


Ripercorrere le vicende che si celano dietro agli oggetti è sempre molto avvincente. Questi oggetti che vengono dal passato hanno delle storie a volte molto affascinanti, storie che ci parlano di amore e morte, di rivoluzioni e di momenti di gioia, ci raccontano da dove veniamo e verso dove siamo proiettati; pure gli oggetti “religiosi” o che vengono proposti alla devozione dei fedeli nascondono a volte delle storie avvincenti.

È il caso per esempio della reliquia del braccio di San Tommaso che si venera nella Basilica di Santa Maria Sopra Minerva in Roma. Centinaia di persone, ed in particolar modo gli studenti delle pontificie università romane, durante tutta la giornata del 28 gennaio sono andati a pregare davanti alla reliquia nella sua splendida cornice della Cappella Carafa affrescata da Filippino Lippi.

Pochi conoscono le disavventure delle reliquie di San Tommaso: è una storia degna di Indiana Jones! Il santo morì non dentro un convento domenicano ma nell’abbazia benedettina di Fossanova ed ivi venne sepolto. I frati cercarono in tutti i modi di riottenere le ossa del proprio confratello ed addirittura con l’aiuto del conte di Fondi le fecero trafugare.

 A seguito di tale atto il papa Urbano V decretò che le reliquie andassero a Tolosa mentre il braccio destro fosse dato al convento di S. Jacques a Parigi, luogo tanto amato da Tommaso, luogo dove egli studiò e poi insegnò. Per secoli le reliquie di San Tommaso rimasero indisturbate in un bel monumento nella bella chiesa domenicana di Tolosa fino all’arrivo di un principe grande amante dell’ordine domenicano e dei suoi santi: Ferdinando I duca di Parma-Piacenza e Guastalla (1751-1802). Egli chiese ed ottenne dai papi la possibilità di avere per la propria devozione personale sia la calotta cranica di San Domenico (reliquia concessa mal volentieri dai frati di Bologna) sia l’avanbraccio sinistro che era ben chiuso nel grande reliquiario di Tolosa.

Ma un’altra storia si intreccia ora, la storia dell’ultimo priore del convento parigino di S. Jacques. Siamo a Parigi, la rivoluzione francese (1789-1799) ha cominciato la sua opera di distruzione delle testimonianze della Fede. Questo frate priore un po’ all’Indiana Jones scappa portando in salvo l’oggetto più prezioso del convento: il Braccio destro di Tommaso. Lo manda al pio principe affinché lo porti in salvo a Roma, ma qui avviene un qui pro quo: il duca pensa sia un dono e lo fa racchiudere entro un reliquiario assieme all’altra reliquia di Tommaso. Il duca muore, la sua grandissima raccolta di reliquie passa in eredità alla figlia Carlotta che divenendo monaca domenicana le porta in dote al monastero dei Ss. Domenico e Sisto (l’antico monastero romano fondato da San Domenico). Sembrava che le due reliquie potessero “riposare” dopo tutte queste peripezie ma così non fu. In occasione, infatti, del sesto centenario della morte di San Tommaso, nel 1874, il beato Pio IX, decise di fare un dono ad una delle chiese alla quale era maggiormente affezionato: Santa Maria Sopra Minerva. Il 1874 fu un anno importante: erano passati sei secoli dalla scomparsa del frate dottore ed i frati della Minerva erano impegnatissimi per onorare tale anniversario, non pensando che da lì a pochi mesi sarebbero stati cacciati via dal loro convento a causa del neo-nato Regno d’Italia.

Pio IX era “prigioniero” in Vaticano e non poteva uscire per recarsi alla Minerva per festeggiare, così, di sua propria iniziativa, chiede che gli siano portate le reliquie, ed una volta esaminati tutti i documenti, decide di donare l’avambraccio di sinistra (proveniente da Tolosa) alla Minerva, facendolo incastonare nello splendido “contenitore” in bronzo ed argento che si ammira ancora oggi. Queste storie non sono solamente delle testimonianze di un passato che non c’è più, non servono solamente per riempire i cataloghi ragionati o per il diletto dei turisti che vengono a visitare le chiese-museo. Queste storie sono espressione di un passato di fede e devozione che ci aiutano a meglio interpretare il presente per proiettarci in un futuro ignoto. Ma anche in questo ignoto abbiamo un’unica certezza: la presenza dell’Amore di Dio, lo stesso amore che ha guidato e nutrito Tommaso per tutta la sua vita, Amore di Dio che contempliamo pregando innanzi agli “oggetti sacri”, ed uno di questi è proprio la reliquia di San Tommaso della Minerva.

fr. Manuel Russo, O.P.


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