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giovedì 11 giugno 2020

Sulle Tracce della Casa di San Paolo


Prima dell’anno Mille, a sud di Roma e a pochi metri dal fiume Tevere, sorgeva una piccola città fortificata di cui per secoli si era persa ogni traccia, se non quelle rimaste nelle cronache degli storici e dei pellegrini dell’epoca.

Si chiamava castrum Sancti Pauli, la cittadella di San Paolo, perché sorgeva attorno alla basilica dove erano venerate le spoglie dell’Apostolo delle Genti, o “Giovannipoli”, dal nome del papa Giovanni VIII (872-882) che costruì le mura attorno al piccolo agglomerato, per proteggerlo dalle incursioni dei corsari saraceni. Qualche decennio prima, nell’846, risalendo il fiume, i pirati moreschi avevano messo a ferro e fuoco la zona, spingendosi fino all’Aventino.

I resti delle case e dei portici della cittadella, considerati perduti per secoli, sono tornati da poco alla luce grazie agli scavi condotti dai Musei Vaticani e dal Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana nell’antico orto del monastero benedettino di San Paolo, a sud della basilica vera e propria, a partire dal novembre 2007. L’area apre adesso al pubblico e permette ai visitatori di vedere uno spaccato della continua vita di culto e di pellegrinaggio attorno alla tomba dell’Apostolo Paolo, dalla tarda antichità fino al Medioevo inoltrato.


Attorno alla Basilica costruita negli ultimi anni dell’Impero Romano – conosciuta come Basilica “dei tre imperatori”, perché voluta da Teodosio, Valentiniano II e Arcadio – nacque ben presto un insieme di case, botteghe, monasteri, terme, strutture per l’accoglienza delle migliaia di pellegrini che affollavano il sito, soprattutto in occasione della festa del 29 giugno. Gli scavi hanno portato alla luce delle “case per i poveri”, fatte costruire probabilmente da papa Simmaco all’inizio del VI secolo, resti dei cantieri per i successivi ampliamenti della Basilica, tracce della rete idrica, fino ai resti di un porticato dell’alto Medioevo.

Si tratta probabilmente del successore del portico che, secondo quanto raccontano gli storici, univa sin dall’epoca romana direttamente la Porta Ostiense a sud di Roma alla Basilica, e che veniva utilizzato come ricovero per i pellegrini e i visitatori. Come racconta Giovanni Crisostomo, le tombe “di un pescatore e di un fabbricante di tende” – Pietro e Paolo, appunto – erano divenute tappe obbligate per “imperatori, condottieri e consoli”. A quanto risulta dagli scavi, la strada coperta continuava anche a sud di San Paolo, ancora non si sa fin dove arrivasse.

Di questa piccola città si era persa traccia man mano che il santuario cadeva in parziale disuso dopo il Mille, fino a diventare l’Orto degli abati benedettini. Quando l’antica Basilica venne completamente distrutta da un incendio, nel 1823, iniziarono però a tornare alla luce alcuni segni delle strutture più antiche, a cominciare dalla prima basilica – minuscola a confronto di quella attuale – fatta costruire dall’imperatore Costantino.

“Finora – spiegano i Musei Vaticani presentando il nuovo percorso di visita – non si conosceva la documentazione materiale di quanto le fonti scritte attestavano riguardo tutti i diversi periodi dell’ininterrotta eccezionale storia del Santuario Paolino e dell’area circostante, dall’epoca romana ai nostri giorni”.

L’allestimento del sito, per ora, rimane provvisorio, in attesa di una sistemazione definitiva con una passerella trasparente e illuminazione adeguata, in attesa della continuazione dei lavori. Ma già dal primo luglio, subito dopo la festa di San Pietro e Paolo, l’area sarà regolarmente aperta al pubblico.




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