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martedì 28 luglio 2020

Matteo, Capitolo 26, Versetti 36-38


Allora Gesù venne con loro in un giardino, che è detto Getsemani, e disse ai suoi discepoli: Sedetevi qui, finché io vada là e preghi. E presi Pietro e i due figli di Zebedeo cominciò a rattristarsi e ad affliggersi. Allora disse loro: La mia anima è triste fino alla morte; restate qui e vegliate con me.

Damasceno: Dato che l’orazione è l’elevazione dell’anima a Dio, e la richiesta di ciò che ci necessita da parte di Dio, in che modo pregava il Signore? Infatti il suo intelletto, già unito secondo la persona a Dio Verbo, non aveva bisogno di salire a Dio, né di chiedergli qualcosa: infatti Dio e l’uomo Cristo sono una sola persona. Tuttavia facendosi simile a noi ci insegnò a chiedere a Dio Padre e di unirsi a lui; come infatti sostenne le passioni affinché trionfando su di esse attribuisse a noi la vittoria, così prega, aprendoci la via per l’ascesa a Dio, e compiendo per noi ogni giustizia, e riconciliandoci con il Padre suo; e onorandolo come il principio stesso e mostrandoci che non è contrario a Dio.

Rabano: Avvicinandosi poi in modo degno alla passione, si dice che pregò in una valle ricchissima, per dimostrare che affrontava per noi la morte attraverso la valle dell’umiltà e la ricchezza della carità. Moralmente poi ci fece conoscere che non dobbiamo portare un cuore sprovvisto dell’abbondanza della carità.

Ilario: Ma poiché dice: cominciò a rattristarsi e ad affliggersi, gli eretici vi vedono solo il senso che il Figlio di Dio ebbe paura della morte, poiché asseriscono che non fu proferito dall’eternità, né uscì dall’infinità della sostanza paterna, ma fatto dal nulla per mezzo di colui che ha creato tutte le cose; e per questo ci fu in lui l’ansietà del dolore, per questo il timore della morte: così che colui che poté temere la morte potesse anche morire; ora, chi poté morire non aveva anteriormente l’eternità di colui che lo generò, anche quando abbia da esistere per sempre in futuro. Ma se comprendessero mediante la fede i Vangeli, saprebbero che il Verbo in principio era Dio, e dal principio stava con Dio, ed era uguale l’eternità di chi genera e di chi è generato. Se però l’aver preso carne con tutte le sue debolezze proprie inficiò la virtù della sua incorruttibile sostanza, in modo che sia debole per soffrire e timorosa per morire, sarà anche sottomessa alla corruzione; e in questo modo, cambiata l’eternità in paura, ciò che in essa è potrebbe talvolta non essere. Ma Dio esiste sempre senza misura di tempo, e quale è, tale è eternamente. Quindi nulla poté morire in Dio, né in sé può esserci paura alcuna in Dio.

Ilario: Dato che abbiamo già visto che il Signore si rattristò, vediamo la causa della sua tristezza. Aveva detto in precedenza ai suoi discepoli che si sarebbero scandalizzati; avvertì che Pietro l’avrebbe rinnegato tre volte, e avendo preso con sé lui, Giacomo e Giovanni, cominciò a intristirsi. Dunque non si intristì finché non li aveva presi, ma tutta la paura cominciò dopo averli presi; così la tristezza non nacque da ciò che egli poteva soffrire, ma da ciò che sarebbe successo a quelli che prese.

Girolamo: Il Signore si intristiva non per il timore di patire, dato che era venuto per questo, e riprese Pietro poiché temeva, ma per l’infedeltà di Giuda, lo scandalo dei suoi Apostoli, la repulsione e riprovazione del popolo Giudeo e la distruzione della misera Gerusalemme.

Agostino: Quando dunque si riferiscono tutte queste cose nel Vangelo non si riferiscono invano, ma Gesù Cristo ricevette con l’anima umana questi movimenti, quanto fu sua volontà, per dispensazione certissima, nello stesso modo in cui quando volle si fece uomo. Anche noi abbiamo questi difetti, per la debolezza della nostra umana condizione, però non così il Signore Gesù, la cui debolezza fu per sua propria virtù e volontà.

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