Conoscere la verità consiste nell'usare, o nell'esercitare la luce dell'intelletto: poiché secondo l'Apostolo, "tutto quello che viene manifestato è luce". Ora, qualsiasi uso implica un moto: prendendo il termine moto in senso lato, cioè nel senso che si applica, secondo le spiegazioni del Filosofo, anche all'intendere e al volere. Ma negli esseri materiali noi vediamo che per il moto non si richiede soltanto la forma che è il principio del moto, o dell'operazione, ma anche la mozione del primo motore. E il primo motore per gli esseri materiali è un corpo celeste. Cosicché, per quanto possa essere perfetto, il calore del fuoco non potrebbe alterare senza la mozione del corpo celeste. Ebbene, come è evidente che tutti i moti d'ordine fisico hanno nel moto di un corpo celeste il primo motore di ordine materiale; così tutti i moti, sia corporali che spirituali, hanno un primo motore assoluto, che è Dio. Perciò, una qualsiasi natura, sia materiale che spirituale, per quanto perfetta possa essere, non può compiere il proprio atto, senza la mozione di Dio. Mozione che però segue l'ordine della sua provvidenza, e non una necessità di natura come la mozione dei corpi celesti. E ogni mozione, non solo deriva da Dio come dal suo primo motore; ché da lui deriva anche ogni sua perfezione formale, trattandosi dell'atto primo. Perciò l'atto dell'intelletto e di qualsiasi ente creato dipende da Dio sotto due aspetti: primo, in quanto da lui riceve la forma in forza della quale agisce; secondo, in quanto da lui è mosso ad agire.
Ora, qualsiasi forma, posta da Dio nelle cose create, ha efficacia rispetto a certi atti determinati che corrispondono alle sue proprietà: ma oltre quelli non può arrivare senza una nuova forma supplementare; l'acqua, p. es., non può riscaldare, se non è riscaldata dal fuoco. Perciò anche l'intelletto umano ha una forma, cioè la luce intellettuale, che è di per sé sufficiente a conoscere alcuni intelligibili: vale a dire quelle realtà di cui possiamo formarci un'idea mediante le cose sensibili. Ma l'intelletto non può conoscere le realtà intelligibili superiori, senza una luce superiore, come potrebbe essere la luce della fede, o il lume profetico. E questa si chiama luce della grazia, perché viene ad aggiungersi a quella della natura.
Perciò si deve concludere che l'uomo, nel conoscere qualsiasi verità, ha bisogno dell'aiuto di Dio, perché il suo intelletto si muova ad agire. Ma non sempre ha bisogno di una nuova illuminazione, aggiunta a quella naturale; bensì soltanto quando si tratta di cose che sorpassano codesta conoscenza. - Tuttavia talora Dio istruisce miracolosamente qualcuno con la sua grazia, anche su cose che si potrebbero conoscere con la ragione naturale: come compie miracolosamente dei fenomeni, che la natura stessa può compiere.
Dalla risposta Iª-IIae q. 109 a. 1 co. della Somma Teologica di San Tommaso d'Aquino.
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