Attraverso un iter complesso, variamente studiato, la formula iniziale data da san Francesco al monastero di San Damiano (1211-1218) si evolve, senza nulla perdere tuttavia di quella ispirazione fondamentale che ha determinato l’Ordine nella mente e nel cuore di san Francesco.
Per questo la Regola del 1253 – a ventisette anni dalla morte di san Francesco – è detta, con piena verità, dalla Sede Apostolica: «la forma di vita e il modo di santa unità e di altissima povertà che il beato padre vostro Francesco vi consegnò a voce e in scritto da osservare». (Regola, 16).
Alla base della forma di vita di santa Chiara è l’esperienza dell’umiltà e della povertà del Figlio di Dio, il messaggio evangelico del «perdere la propria vita» (Mt. 10, 39) sui passi di Cristo e della sua Madre poverella. Un retrocedere di sé, di fronte a un «dono» di grazia, la stessa di san Francesco: «la grazia di fare penitenza… vivendo secondo la perfezione del santo Vangelo» (Regola c. VI, 1.3).
E, accanto a questa, l’altra grazia, ugualmente evangelica e francescana della fraternità, anch’essa «dono», in cui non più il singolo, ma l’intero gruppo fa esperienza di quell’amore che comunica e stringe, in un’unica vita, quanti da Dio sono nati.
La divisione in capitoli
non esiste nel testo originale, che si conserva tra le reliquie del
Protomonastero di Santa Chiara in Assisi. La traduzione, di F.
OLGIATI è sulla recente edizione di I. BOCCALI, Concordantiae
verbales opusculorum S. Francisci et S. Clarae Assisiensium, S.
Mariae Angelorum – Assisii 1976, pp. 167-184.
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