Sarà presentata una
supplica a Sua Santità Leone XIV affinchè sia riportata nella
liturgia e nell'orazione privata, la preghiera del “Padre Nostro”
così come la Chiesa l'ha recitata per duemila anni, il cui testo ha
di recente subito modifiche.
L'iniziativa non risponde solo alla
sensibilità dei fedeli che vogliono pregare con le stesse parole di
Gesù riportate nei Vangeli di Matteo e Luca, ma assume anche un
valore culturale e identitario, e questo riguarda tutti.
La
Supplica al Santo Padre, infatti, riafferma l'idea di una “Chiesa
di sempre” nella quale vi sono cose che non possono cambiare. Un
messaggio di continuità e di saldezza, oltre che di Fede. Non sfugge
a nessuno, infatti, che il culto del cambiamento, nella Chiesa,
incoraggi i nemici del Cristianesimo, che abbondano.
Nemici,
dentro e fuori la Chiesa, che auspicano un Cristianesimo che, lungo
continui “aggiustamenti”, alla fine perda i suoi caratteri e
svanisca nella coscienza collettiva dell'Occidente per essere
sostituito da altro, e da altri.
☩
SUPPLICA A SUA SANTITÁ IL SOMMO PONTEFICE LEONE XIV
☩
Beatissimo Padre,
Vi chiediamo
umilmente di voler restituire alle Parole di Nostro
Signore Gesù
Cristo la preghiera del Padre Nostro riportata dai
Vangeli di San
Matteo e San Luca in relazione al passaggio « …
e non ci
indurre in tentazione … » recentemente sostituito da
«...e non
ci abbandonare alla tentazione...».
La sostituzione è stata
attuata dalla Conferenza Episcopale
Italiana nel 2008, così è
stato detto, per allontanare dal fedele
l'idea che Dio possa
spingere al male.
Osserviamo – e da questo la supplica che
rivolgiamo alla Santità
Vostra - che la nuova versione del Padre
Nostro mostra
problematiche vere, a fronte di quelle solo presunte
che qualcuno
ha voluto ravvisare nella versione tradizionale che
la Chiesa
recita da duemila anni, la cui traduzione dal greco, nel
Vangelo
di San Matteo, da parte di alcuni è stata giudicata non
corretta.
Noi prendiamo atto che in questione non è una diversa
traduzione
dei testi sacri, perché delle parole “non ci
abbandonare alla
tentazione” non vi è traccia in nessun libro
canonico. Tali parole
non costituiscono quindi una diversa
traduzione del brano
evangelico, perché Gesù non le ha mai
pronunciate.
Sono, queste, parole soltanto umane, «interpretative»
delle Parole
divine di Gesù riportate nei Vangeli di San Marco e
San Luca. In
questo quadro, osserviamo che il fedele è chiamato a
conferire lo
stesso valore alle Parole, divine ed eterne di Gesù,
e a quelle,
umane, datate 2008, della Conferenza Episcopale
Italiana.
Ravvisiamo quindi il pericolo che indurre i fedeli a
pregare Dio
Padre con parole diverse da quelle pronunciate da Dio
Figlio
riportate nei Vangeli canonici, oscuri sottilmente la
divinità di
Gesù; posto che è implicito, nella coscienza dei
fedeli, il principio
che la Parola di Dio, fondamento della
catechesi, non possa essere
cambiata, mentre possono essere
cambiate le parole umane a fini
catechetici.
Tutto questo fa
sorgere il timore, che esterniamo alla Santità
Vostra, che la
cancellazione delle Parole di Gesù possa costituire
un seme di
apostasia, ingenerando surrettiziamente l'idea che Gesù
fosse
uomo altamente ispirato ma soltanto uomo, le Parole del
quale,
quindi, possano anche essere diversamente formulate se le
circostanze
lo richiedano.
Preghiamo quindi fiduciosi la Santità Vostra di
accogliere la nostra
Supplica restituendoci le Parole di Nostro
Signore.
Rimettendoci alle Vostre Sovrane disposizioni, con
filiale
devozione e obbedienza baciamo l’anello del Pescatore.
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