AudioLibro. San Giovanni Eudes - Il Cuore Ammirabile della Santissima Madre di Dio.
☩
VOCI: ANNAMARIA ED EMANUELE
MIXAGGIO E REALIZZAZIONE VIDEO A CURA
DI: pianetainpreghiera
AudioLibro. San Giovanni Eudes - Il Cuore Ammirabile della Santissima Madre di Dio.
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VOCI: ANNAMARIA ED EMANUELE
MIXAGGIO E REALIZZAZIONE VIDEO A CURA
DI: pianetainpreghiera
Ed entrò a Gerusalemme nel tempio, e dopo aver guardato ogni cosa all'intorno, essendo già sera, uscì verso Betania con i Dodici. E il giorno seguente, uscendo da Betània, ebbe fame; e avendo visto da lontano un fico con le foglie, si avvicinò per vedere se per caso trovasse qualche cosa. E giunto ad esso, non trovò altro che foglie; non era infatti il tempo dei fichi. E rispondendo gli disse: Nessuno possa più mangiare i tuoi frutti. E i suoi discepoli lo udivano.
Beda: Avvicinandosi il tempo della Passione, il Signore volle avvicinarsi al luogo della passione, per mostrare con ciò che subiva la morte di sua volontà; per cui si dice: Ed entrò a Gerusalemme nel tempio. Venendo al tempio appena entrato in città, egli diede un esempio di ciò che deve essere la nostra religione, e ci insegnò che, quando entriamo in un luogo ne quale si trova una casa di preghiera, è innanzitutto a questa che dobbiamo dirigere i nostri passi. Dobbiamo notare, inoltre, che il Signore fu così povero e così poco adulato che in una grande città non trovò nessun ospite e nessuna dimora, ma abitava solo in un piccolo podere con Lazzaro e le sue sorelle, e quel piccolo villaggio è Betania. Per cui segue, e dopo aver guardato ogni cosa all'intorno, se qualcuno lo prendesse come ospite, essendo già sera, uscì verso Betania con i Dodici. E questo non lo fece una volta sola, ma per tutti i cinque giorni da quando era salito a Gerusalemme fino al tempo della passione era solito far così, in modo da insegnare ogni giorno nel tempio, e uscendo di notte dimorare sul monte Oliveto.
Segue: E il giorno seguente, uscendo da Betània, ebbe fame; e avendo visto da lontano un fico con le foglie, si avvicinò per vedere se per caso trovasse qualche cosa. Crisostomo: […] E' manifesto che ciò è detto secondo il sospetto dei discepoli, i quali pensavano che per questo motivo Cristo si accostasse al fico; e che il fico venisse maledetto perché in esso non trovò frutto. Infatti segue: E giunto ad esso, non trovò altro che foglie; non era infatti il tempo dei fichi. E rispondendo gli disse: Nessuno possa più mangiare i tuoi frutti. Maledice dunque il fico a motivo dei discepoli, affinché confidino. Poiché infatti ovunque elargiva dei benefici, e non puniva nessuno, bisognava che mostrasse anche la sua potenza punitiva, affinché comprendessero che potava dissecare anche i Giudei che lo perseguitavano; non volle mostrare ciò negli uomini, per cui diede il segno della sua capacità punitiva in una pianta; per cui si mostra che soprattutto per questo motivo si era accostato al fico, non per la fame. Chi infatti ignora che di mattina non si è stimolati da una tale fame? E perché non avrebbe potuto mangiare prima di uscire di casa? Né si può dire che la vista del frutto suscitasse in lui l'appetito: infatti non era il tempo dei fichi. Se poi aveva fame, perché no cercava dell'altro da mangiare, ma solo il frutto del fico che non poteva dare frutto fuori dal tempo? Da ciò dunque si può facilmente arguire che voleva mostrare la propria virtù, affinché gli animi non venissero infranti nella sua passione.
03/11/1950: Proclamazione del Dogma dell'Assunzione.
Descrizione sequenze:corteo esce dalla
chiesa dell'Ara Coeli; i fedeli portano il tabernacolo della Madonna
e i ceri; processione all'imbrunire; via della Conciliazione
illuminata di notte; veduta dall'alto di Piazza San Pietro gremita di
pellegrini; tra le autorità., De Gasperi e Andreotti; fedeli
sventolano i fazzoletti al passaggio del papa sulla sedia gestatoria;
fila di vescovi taglia la folla della piazza; una donna nella folla
osserva il corteo del papa grazie all'aiuto di uno specchietto; i
vescovi rendono omaggio al papa che siede sul trono sistemato ai
piedi della basilica; il papa legge la bolla; la folla applaude; il
papa benedice la folla di fedeli; volo di colombi in cielo.
(card. G. Siri, omelia per l'Assunzione, Sestri Ponente, 1963)
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È ben noto a voi che la verità della Assunzione della Vergine ci porta all'ultimo momento della sua traiettoria terrena; ultimo momento che è diverso da quello di tutte le altre creature passate in questo mondo, perché Essa, vittoriosa della morte, nella unità dell'anima e del corpo, entra nella gloria eterna, Madre di Cristo e Regina di tutte le cose. La festa di oggi ci fa guardare all'ultimo momento.
Ed ecco un particolare che può sembrare strano: il Vangelo che è stato cantato invece riguarda il primo momento, non l'ultimo, riguarda cioè i primi giorni che seguono l’Annunciazione della Vergine. È una cosa strana che nella festa dell'ultimo momento si legga il Vangelo che riguarda il primo momento. Ci chiederemo il perché.
Vedete, perché nel giorno in cui si ricorda l'ultimo episodio della Vergine si legge questo brano che riguarda il principio? Perché a principio la sua strada era già segnata, ed il principio sta all'altezza della fine. La strada della Vergine è fra questi due punti, la sua strada.
Vi prego di dare uno sguardo alla sua strada, perché è qui dove caveremo qualcosa che sarà utile a noi. Credete voi che le sia stato tolto in questa strada di soffrire, di combattere? No, il dolore le era stato lasciato tutto; le dimensioni umane della sua via rimangono. Vedete, appena avuto l'annuncio di essere la Madre di Gesù, è andata a trovare Elisabetta: sono 150 chilometri. Badate, che li ha fatti a piedi: le dimensioni umane rimangono intatte! Lei non è mica stata ospite d'onore! É andata e ha fatto la serva, essa, la Madre di Dio! Come vedete, la dimensione umana resta. Ha fatto la serva per tre mesi! Sua cugina era vecchia e bisognava servirla. Lo ha fatto. Si è mossa essa.
Vedete, si è mossa poi sempre: tutti i Santuari di questo mondo che hanno avuto origine da una apparizione della Vergine sono la continuazione di questo. È essa che va a trovare i suoi figli, e il fatto che abbiamo letto questa mattina ha continuato a ripetersi dopo la sua Assunzione. Chissà quante altre volte si ripeterà ancora nella storia!
Dai «Discorsi» del beato Isacco, abate del monastero della Stella.
(Disc. 11; PL 194, 1728-1729)
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Due sono le cose che sono riservate a Dio solo: l’onore della confessione e il potere della remissione. A lui noi dobbiamo fare la nostra confessione; da lui dobbiamo aspettarci la remissione.
A Dio solo infatti spetta rimettere i peccati e perciò a lui ci si deve confessare. Ma l’Onnipotente, avendo preso in sposa una debole e l’eccelso una di bassa condizione, da schiava ne ha fatto una regina e colei che gli stava sotto i piedi la pose al suo fianco. Uscì infatti dal suo costato, donde la fidanzò a sé.
E come tutte le cose del
Padre sono del Figlio e quelle del Figlio sono del Padre, essendo una
cosa sola per natura, così lo sposo ha dato tutte le cose sue alla
sposa, e lo sposo ha condiviso tutto quello che era della sposa, che
pure rese una cosa sola con se stesso e con il Padre. Voglio, dice il
Figlio al Padre, pregando per la sposa, che come io e tu siamo una
cosa sola, così anch’essi siano una cosa sola con noi (cfr. Gv 17,
21).
Lo sposo pertanto è una
cosa sola con il Padre e uno con la sposa; quello che ha trovato di
estraneo nella sposa l’ha tolto via, configgendolo alla croce, dove
ha portato i peccati di lei sul legno e li ha eliminati per mezzo del
legno. Quanto appartiene per natura alla sposa ed è sua dotazione,
lo ha assunto e se ne è rivestito; invece ciò che gli appartiene in
proprio ed è divino l’ha regalato alla sposa. Egli annullò ciò
che era del diavolo, assunse ciò che era dell’uomo, donò ciò che
era di Dio. Per questo quanto è della sposa è anche dello sposo.
Ed ecco allora che colui
che non commise peccato e sulla cui bocca non fu trovato inganno, può
dire: «Pietà di me, o Signore: vengo meno» (Sal 6, 3), perché
colui che ha la debolezza di lei, ne abbia anche il pianto e tutto
sia comune allo sposo e alla sposa. Da qui l’onore della
confessione e il potere della remissione, per cui si deve dire: «Va’
a mostrarti al sacerdote» (Mt 8, 4).
Perciò nulla può rimettere la Chiesa senza Cristo e Cristo non vuol rimettere nulla senza la Chiesa.
Nulla può rimettere la Chiesa se non a chi è pentito, cioè a colui che Cristo ha toccato con la sua grazia; Cristo nulla vuol ritenere per perdonato a chi disprezza la Chiesa. «Quello che Dio ha congiunto l’uomo non lo separi. Questo mistero è grande, lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa» (Mt 19, 6; Ef 5, 32). Non voler dunque smembrare il capo dal corpo. Il Cristo non sarebbe più tutto intero. Cristo infatti non è mai intero senza la Chiesa, come la Chiesa non è mai intera senza Cristo. Infatti il Cristo totale ed integro è capo e corpo ad un tempo; per questo dice: «Nessuno è mai salito al cielo fuorché il Figlio dell’uomo che è disceso dal cielo» (Gv 3, 13).
Questi è il solo uomo che rimette i peccati.
Un giudeo, nella Palestina del I secolo d.C., è accusato di aver attentato all'Impero Romano. Tradito anche dal suo amico d'infanzia, Messala, che è ormai un fiero soldato di Roma, Ben Hur viene reso schiavo.
Parte Prima: https://www.dailymotion.com/video/x16mxwi
Parte Seconda: https://www.dailymotion.com/video/x16mpu3
Parte Terza: https://www.dailymotion.com/video/x16mmp6
E avvicinandosi a Gerusalemme e a Betania al monte degli Ulivi, mandò due dei suoi discepoli e disse loro: Andate nel villaggio che vi sta di fronte, e subito entrando là troverete un asinello legato sul quale nessuno è mai salito. Scioglietelo e conducetelo. E se qualcuno vi dirà: Che cosa fate?, dite che il Signore ne ha bisogno, ma lo rimanderà qui subito. E andando trovarono un asinello legato vicino alla porta fuori nel bivio, e lo sciolsero. E alcuni dei presenti dissero loro: Che cosa fate sciogliendo l'asinello? E dissero loro come aveva comandato loro Gesù, e li lasciarono andare. E condussero l'asinello da Gesù, e vi gettarono sopra i loro mantelli ed egli vi sedette sopra. E molti stendevano sulla strada i loro mantelli e altri delle fronde che avevano tagliate dai campi. E quelli che precedevano e quelli che seguivano gridavano dicendo: Osanna, «Benedetto colui che viene nel nome del Signore», Benedetto il regno che viene del nostro padre Davide! Osanna nel più alto dei cieli!
Crisostomo: Dopo che il Signore aveva dato delle prove sufficienti della sua potenza, e la croce era già alle porte, operò tutto con maggiore chiarezza, così che avrebbe infiammato gli avversari; e quindi, sebbene molte volte prima fosse salito a Gerusalemme, tuttavia mai con tanta eccellenza come adesso. Teofilatto: Al fine che, se volevano, potessero riconoscere la sua gloria e per le profezie compiute a suo riguardo sapessero che era vero Dio; se invece non volevano, subissero un giudizi più severo, per non avere creduto a miracoli così chiari.
Segue: E quelli che precedevano e quelli che seguivano gridavano dicendo: Osanna, «Benedetto colui che viene nel nome del Signore». Crisostomo: La moltitudine infatti, finché non fu corrotta, conobbe ciò che era conveniente; per cui onorificò Gesù, ciascuno secondo la propria virtù; per cui coloro che lo lodavano assunsero un inno levitico dicendo Osanna, che secondo alcuni significa: Salvami, secondo altri: Inno. Ritengo però che il primo senso sia più vero, poiché nel Salmo 175,25 si ha: «Signore salvami», che in ebraico è scritto Osanna. Girolamo: Gli uomini gridano: «salvami», poiché ciò che essi domandano è di essere salvati da quel benedetto, quel vincitore, colui che viene nel nome del Signore, vale a dire di suo Padre. Egli viene nel suo nome, poiché il Figlio riceve il nome del Padre, come il Padre riceve il nome del Figlio.
Segue: Benedetto il regno che viene del nostro padre Davide. Teofilatto: Dicevano regno di Davide il regno di Cristo sia perché Cristo era della discendenza di Davide, sia perché Davide si interpreta forte di mano: chi infatti fu forte di mano se non il Signore, la cui mano ha operato tanti e tali miracoli?
Beda: Leggiamo poi nel Vangelo di Giovanni che fuggì sul monte perché non lo facessero re. Ma ora che viene a patire a Gerusalemme non fugge coloro che lo chiamano re, per mostrare chiaramente che l'impero che egli vuole fondare non è un impero terreno e temporale, ma celeste ed eterno, e che egli vi giungerà con il disprezzo della morte. Bisogna poi notare quanto sia grande la consonanza della folla con la voce di Gabriele, il quale dice (Lc 1,32): «Il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre», perché egli trascini ai cieli, con la parola e l'esempio, la nazione che un tempo Davide resse con un governo temporale.