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lunedì 15 gennaio 2024

San Girolamo - Vita Dissipata

dalla Lettera XLIII


Basta che protraiamo la lettura (della Sacra Scrittura) che ci viene da sbadigliare, da reprimerci lo stomaco, da stropicciarci la faccia con le mani; e come se avessimo già lavorato troppo, ci ributtiamo in occupazioni profane. Non parlo poi dei pranzi che ci aggravano la pesantezza dell'anima. E mi fa pure vergogna parlare delle visite così frequenti, sia di quelle che ogni giorno rendiamo agli altri, sia di quelle che riceviamo in casa nostra. In esse si finisce per parlottare, la con­versazione va per le lunghe, si tagliano i panni agli assenti, pas­siamo in rassegna la vita altrui... e rosicchiandoci l'un l'altro fi­niamo di ingoiarci a vicenda. E questo è il cibo con cui ci in­tratteniamo e ci congediamo. Quando poi gli amici se ne sono andati, regoliamo i conti anche con loro! Un giorno è l'ira a farci fare la parte del leone, e un' altra volta è un affanno proprio inutile, dato che ci impensierisce troppo in anticipo su problemi che dovrebbero essere centelli­nati in parecchi anni: e non ci succede mai di pensare alle pa­role del Vangelo: «Pazzo che sei! Questa stessa notte ti verrà chiesta l'anima; di chi saranno i beni che hai accumulato?». Si va in cerca di vestiti non per lo scopo cui servono, ma per civetteria. C'è in vista un guadagno da qualche parte? I piedi mettono le ali, la. lingua si anima, si tende l'orecchio. Se ci mettono al corrente: di qualche dissesto - come può succe­dere spesso in economia domestica - il volto s'oscura di tri­stezza. Saltiamo dalla gioia per uno scudo guadagnato, e poi la perdita di un obolo ci butta a terra. Che alternanza di umori nella stessa persona! Per questo il Profeta supplica il Signore con queste parole: «o Signore, fa' scomparire dalla tua città la loro immagine!». Se è vero, infatti, che siamo stati modellati a immagine e somiglianza di Dio, sono i nostri vizi a metterci addosso tante maschere. Pro­prio come nelle rappresentazioni teatrali: l'attore è sempre il medesimo; ma ora, robusto, ti incarna Ercole; ora, effeminato, si muta in Venere ed ora si atteggia timidamente a Cibele. Così è per noi: sono tanti i nostri peccati? E di altrettante maschere, rispettivamente simili, ci rivestiamo.

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